Istat, l’inflazione rallenta a gennaio al 10 per cento

L’inflazione rallenta a gennaio. Si stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, registri un aumento dello 0,1 per cento su base mensile e del 10 per cento su base annua, da +11,6 per cento nel mese precedente. La stima preliminare era +10,1 per cento. Lo comunica l’Istat, limando così la stima preliminare e sottolineando che a gennaio l’inflazione evidenzia “un netto rallentamento”. Si attenua la dinamica annua dei prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona, il cosiddetto carrello della spesa, che scende a +12 per cento dal +12,6 per cento del mese precedente. Al contrario si accentua la dinamica dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +8,5 per cento a +8,9 per cento). L’inflazione acquisita per il 2023, ovvero la crescita media che si avrebbe se i prezzi rimanessero stabili nella restante parte dell’anno, è pari a +5,2 per cento per l’indice generale e a +3,2 per cento per la componente di fondo (al netto degli energetici e degli alimentari freschi). A gennaio l’inflazione più marcata si registra nelle Isole (+11,7 per cento, in lieve rallentamento da +13,9 per cento di dicembre), a cui segue il Nord-Ovest (+10,0 per cento, da +11,4 per cento del mese precedente).

Tassi inferiori alla media nazionale si registrano invece nel Sud (+9,9 per cento, da +11,7 per cento), nel Nord-Est (+9,7 per cento, da +11,5 per cento) e nel Centro (+9,6 per cento, da +11,0 per cento). Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluoghi di regione con più di 150mila abitanti, indica ancora l’Istat, l’inflazione più elevata si osserva a Catania (+12,6 per cento), Genova (+11,8 per cento) e Palermo (+11,7 per cento), mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano ad Aosta (+7,6 per cento) e, ultima, a Potenza (+7,5 per cento). Sopra la media nazionale si piazza Milano (+10,8 per cento), sotto Roma (+8,9 per cento). A spingere al ribasso l’inflazione è l’inversione di rotta dei prezzi delle verdure fresche che calano dello 0,9 per cento ma a contribuire positivamente è anche la frutta che aumenta meno della metà dell’inflazione (+4,8 per cento). È quanto afferma la Coldiretti sulla base dei dati Istat sui prezzi al consumo che a gennaio 2023 fanno registrare una frenata. Una situazione che evidenzia le difficoltà delle aziende agricole costrette a fare i conti con compensi in calo e alle prese con i problemi causati alle produzioni dalla siccità e dagli sbalzi termici estremi legati ai cambiamenti climatici. Ai danni alle colture, fa notare la Coldiretti, si sommano poi gli aumenti dei costi, a partire dal riscaldamento delle serre, ma anche dei carburanti, dell’energia, i fitofarmaci e i fertilizzanti, fino agli imballaggi dalla plastica alla carta per le etichette.

Aggiornato il 18 gennaio 2024 alle ore 15:37