Un Paese per la concorrenza? La “gara” infinita dei balneari

Undici anni fa, l’Istituto Bruno Leoni pubblicò un paper sulle concessioni demaniali marittime, nella convinzione che quella dei balneari contro le gare per le concessioni fosse una battaglia di retroguardia persa in partenza.

Interpretando di fino commi e cavilli, sostenevamo incautamente che, anche a voler ammettere che la direttiva Bolkestein non si dovesse applicare alle concessioni demaniali o che esse potessero beneficiare di deroghe e regimi speciali riconosciuti dalla direttiva stessa in presenza di particolari condizioni, il contrasto con il principio della libertà di stabilimento, riconosciuto a livello primario dall’ordinamento europeo, avrebbe richiesto ai titolari di concessione di fare i conti con la realtà.

All’indomani dell’entrata in vigore della direttiva Bolkestein, e alle prime serie avvisaglie di difficoltà di messa a gara, pensavamo che un atteggiamento di ostinata protesta, come già si palesava, sarebbe risultato vano, quando non controproducente. Invitavamo così la categoria dei balneari ad attrezzarsi per arrivare pronta all’appuntamento delle gare, suggerendo modi e strategie per parteciparvi e provare così a tutelare al meglio le loro aspettative e gli investimenti fatti.

Due settimane fa abbiamo pubblicato un altro paper per ripetere gli stessi suggerimenti, come se nulla, nel frattempo, si fosse mosso. Forse siamo stati troppo ingenui a pensare che i concessionari, abituati al diritto di insistenza, si sarebbero più prima che poi adeguati alle regole e ai principi ormai vigenti. O forse non avevamo compreso bene quanto il partito della (ad litteram) conservazione sia la più forte e trasversale forza politica in Italia.

Abbiamo attraversato crisi di ogni tipo: abbiamo assimilato, digerito e rimosso partiti, alleanze, leader e programmi di Governo, ma i balneari sono sempre lì, a resistere all’obbligo vigente di avvio delle prime gare per le concessioni. Nella legge per la concorrenza 2021 c’è una delega per il Governo ad adottare la disciplina di riordino delle concessioni demaniali, anche in ossequio alle sentenze del Consiglio di Stato del novembre 2021 che, con meno ingenuità di quanto non ne abbiamo avuta noi, hanno non solo dichiarato incompatibile la proroga automatica delle concessioni in essere, ma hanno anche anticipato ogni resistenza futura prevedendo che ogni nuovo tentativo di proroga per legge sarebbe da considerarsi invalido.

Il Governo Draghi, esaurita ogni energia politica, rinunciò a esercitare la delega da lui stesso proposta, lasciandola tra le consegne al Governo Meloni, le cui forze alleate sono state sempre in prima linea contro la messa a gara delle concessioni. Pochi giorni fa, nel decreto Milleproroghe il Parlamento, con emendamenti di maggioranza, ha aumentato di un ulteriore anno la proroga in corso per l’espletamento delle gare.

Forse, dopo più di dieci anni di stallo e anche ammesso che un giorno le gare verranno avviate, dovremmo arrenderci all’idea che (anche) stavolta il nostro non è un Paese per la concorrenza. O, forse, la combinazione tra la capacità di dialogo con il settore dei balneari storicamente espressa dagli attuali partiti di maggioranza e la forza politica del Governo in carica consentirà di arrivare dove chiediamo da anni. Meglio tardi che mai.

(*) Fellow onorario Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 04 marzo 2023 alle ore 12:50