Un errore di calcolo può riscrivere la politica della Bce

Il primo obiettivo della presidente della Banca centrale europea (Bce) – Christine Lagarde – è ormai chiaro: l’inflazione nell’Eurozona è troppo alta ed è necessario fare il possibile (ossia, per quanto riguarda la politica monetaria, alzare i tassi di interesse) per riportarla intorno al 2 per cento. Meno chiaro è a quanto ammonti l’inflazione attuale.

I dati su cui la Bce basa le sue decisioni vengono forniti dall’Ufficio statistico dell’Unione europea, Eurostat, che a sua volta raccoglie ed elabora le rilevazioni fornite dagli Stati membri. Per questo motivo le metodologie per stimare l’inflazione sono armonizzate nei Paesi dell’Eurozona, ma i dati che gli istituti di statistica forniscono a Eurostat possono dipendere anche dai criteri nazionali e dai dati a disposizione, sebbene in misura teoricamente molto ridotta. A volte, tuttavia, queste differenze di metodo possono essere più rilevanti.

L’organismo ufficiale responsabile per il coordinamento generale dei servizi statistici dei Paesi Bassi, il Cbs (l’equivalente dell’Istat con sede in Olanda), ha comunicato di avere divulgato dei dati sull’inflazione sovrastimati, rendendo meno attendibili anche le proiezioni per la zona euro. L’errore di calcolo è dovuto al costo dell’energia e ha avuto come conseguenza un’inflazione “ufficiale”, circa doppia rispetto a quella reale per diversi mesi. Nel determinare l’aumento dei prezzi sono stati considerati solamente i contratti di fornitura nuovi, escludendo quelli con tariffe fisse stipulati prima che i costi salissero. Ad esempio, a settembre il Cbs ha comunicato per i Paesi Bassi un’inflazione pari a 14,5 per cento; se si effettua un ricalcolo includendo i contratti firmati prima dell’aumento dei costi, il valore si aggira tra il 7,6 e l’8,1 per cento. C’è quindi un divario molto ampio tra l’inflazione calcolata con la vecchia metodologia e quella con la nuova, più aderente alla realtà, che sarà impiegata da giugno.

Il risultato è che l’inflazione nell’Eurozona sarebbe stata, sempre a settembre, inferiore dello 0,4 per cento rispetto al 10,9 per cento che è stato stimato. Questo ipotizzando che i Paesi Bassi siano stati gli unici ad avere fornito dei dati imprecisi, ma non si può escludere che altri Stati abbiano avuto problemi analoghi, con possibile impatto sulle decisioni della Bce. Eurostat ha messo in agenda la questione e dovrebbe pubblicare raccomandazioni per i Paesi membri, ma modificare la metodologia di calcolo dell’inflazione può portare a un paradosso.

Nel frattempo, infatti, il costo dell’energia sta diminuendo e, se questa tendenza dovesse continuare, i contratti a tasso fisso stipulati sulla base dei prezzi attuali farebbero registrare a giugno un’inflazione più alta rispetto a quanto si stimerebbe se si continuasse a utilizzare il vecchio metodo, ossia considerando solamente i prezzi stabiliti nei contratti che verranno firmati tra qualche mese, probabilmente più vantaggiosi di quelli attuali nonostante in realtà i prezzi siano in calo.

In altre parole, nei mesi scorsi l’inflazione stimata nella zona euro è stata maggiore di quella reale e ora potrebbe scendere più lentamente rispetto al vero abbassamento dei prezzi. Dati sull’inflazione sovrastimati hanno conseguenze anche sull’indicizzazione, ad esempio, di stipendi e pensioni, oltre che sulle aspettative dei mercati, quindi sulle scelte di investimento. Soprattutto, però, le politiche della Bce sono fortemente dipendenti dalle stime sugli aumenti dei prezzi, quindi è fondamentale avere valori il più possibile corretti.

Questo errore statistico è emerso per effetto dell’alta volatilità che i prezzi dell’energia stanno avendo negli ultimi mesi, mentre in altri tempi l’errore sarebbe stato trascurabile. Standardizzare ulteriormente le metodologie di calcolo dell’inflazione da parte di tutti gli istituti statistici nazionali servirebbe, oltre che a fornire stime più attendibili, a verificare se l’errore di calcolo ha riguardato solamente i Paesi Bassi o anche altri Stati.

Alla luce di quanto è emerso, rimangono alcuni interrogativi al momento senza risposta: in quale misura la politica monetaria della Bce è stata influenzata da un errore di calcolo? Se anche altri Paesi hanno fornito stime errate, a quanto ammonta veramente l’inflazione attuale in Europa? Dei valori più corretti (che verranno stimati da giugno) potrebbero indurre Lagarde a rivedere le sue posizioni sull’aumento dei tassi di interesse che altrimenti, come ha già annunciato, potrebbero continuare a crescere per tutto il 2023 e anche nel corso del 2024?

Soltanto delle cifre sull’inflazione aggiornate potranno dare una risposta a questi quesiti: nel frattempo, aumentano le incertezze sulle future decisioni della Banca centrale europea.

Aggiornato il 08 marzo 2023 alle ore 17:16