Svb: quando la tecnologia può essere devastante

Le banche sono state tra le prime imprese a sfruttare il sistema della Remote banking, grazie all’esplosione dell’utilizzo di internet, da parte delle imprese e delle famiglie, sul pc e sui cellulari. Per contenere i costi di gestione, con particolare riferimento al valore del personale, hanno incentivato l’uso della moneta elettronica bancomat e carte di credito – e l’attività di self-service bancario da parte dei clienti. Nel gergo tecnico: attività di “corporate banking” per le imprese e dell’“home banking” per le famiglie.

Per evitare che i clienti si recassero allo sportello bancario per effettuare operazioni di prelevamento o versamenti, sono stati sviluppati sistemi che hanno permesso agli utenti di effettuare operazioni di versamento e di prelevamento in assoluta autonomia, attraverso l’uso generalizzato degli sportelli bancomat e delle casse continue. Quello che nell’immaginario collettivo è considerato un vantaggio per il cliente ha consentito alle banche di ridurre il personale dipendente, che svolgeva le mansioni di cassiere terminalista, oltre che effettuare lavori ripetitivi. L’uso del bancomat, tuttavia, consente e permette prelevamenti limitati, giornalieri e mensili. L’uso delle carte di credito è garantito nella maggior parte dei casi, entro i limiti di spesa previsti al momento del rilascio dello strumento del pagamento elettronico. Per operazioni più importanti era necessario andare direttamente in banca o farsi autorizzare, per esempio, per effettuare bonifici oltre determinati limiti contrattualmente definiti con l’azienda di credito.

Il fallimento della Silicon Valley Bank si è concretizzato nell’arco di poche ore, grazie alla possibilità data ai clienti di spostare i propri depositi in una manciata di secondi per mezzo dell’uso del corporate banking, che è operativo ventiquattro ore su ventiquattro. I clienti, soprattutto le imprese, hanno trasferito circa 42 miliardi di dollari di fondi, depositati alla Svb, pare nell’arco di 10 ore. Si è innescato il panico dei depositanti che, fino al commissariamento, hanno continuato a trasferire le proprie disponibilità in altri istituti di credito.

Si è trattato del dissesto bancario più rapido della storia. La banca investiva il risparmio raccolto a breve termine, impiegandolo in acquisti di titoli del debito pubblico Usa a lungo termine. Lucrando così il vantaggioso differenziale dei tassi a breve termine (più bassi) rispetto al rendimento dei Treasury bond americani a lungo termine. L’aumento di ben 450 punti base dei tassi Fed hanno svalutato i titoli in portafoglio, causando perdite alla stessa banca.

Quanto è successo negli Stati Uniti è decisamente più difficile che si possa verificare in Italia e in Europa, grazie a una regolamentazione più rigorosa da parte delle autorità di controllo (Banca d’Italia per i piccoli istituti di creduto e Banca centrale europea per quelli di grandi dimensioni, cioè le “banche sistemiche”). Alle banche europee è imposto un limite agli investimenti in titoli obbligazionari e, comunque, senza intenti speculativi. L’effetto più devastante, però, è il cosiddetto “panico dei risparmiatori” ovvero la corsa agli sportelli per il ritiro dei propri risparmi. Anche la banca finanziariamente ed economicamente più solida non potrebbe reggere il ricorso anomalo al ritiro dei propri depositi. Già nel Testo unico sulla legge bancaria del 1936 l’organo di vigilanza (Banca d’Italia) aveva strumenti per evitare il “panico dei risparmiatori”.

Il ricorso al self-service bancario non sempre ha effetti positivi!

Aggiornato il 17 marzo 2023 alle ore 09:54