La politica monetaria sorda e cieca della Bce

L’indipendenza politica ed economica dell’Italia passa per un’azione dell’esecutivo che deve contemperare il risanamento dei conti pubblici e lo sviluppo dell’economia. L’obiettivo di ridurre il debito è la rotta che deve seguire il Governo, non solo in rapporto al Prodotto interno lordo, ma anche in termini nominali.

Bene sta facendo il ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti che sta attuando una politica prudente nella gestione delle finanze pubbliche. Infatti la riforma fiscale in pectore che ha l’obiettivo di ridurre il carico fiscale sarà perseguita attraverso una pedissequa riduzione dei bonus. Il messaggio è stato chiaro: “È finita la stagione dei superbonus”. Ormai è chiaro che l’Europa delle attuali istituzioni che la governano è fortemente condizionata dalla Germania, dai Paesi cosiddetti “frugali” e dalla Francia. I loro specifici interessi egoistici vengono perseguiti senza tenere assolutamente in conto la mutualità dei rapporti che dovrebbero animare una comunità che è lontana dall’essere una vera e propria unione di Stati. La prova ulteriore che l’Italia deve fare da sola, senza contare sul supporto di un’Europa matrigna, trova conferma nella decisione del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, presieduta dalla francese Christine Lagarde, che ha alzato i tassi d’interesse di riferimento di un ulteriore 0,5 per cento (50 punti base), portando i tassi ufficiali di riferimento al 3,50 per cento.

Tale decisione è decisamente sbagliata nei tempi e nelle modalità di attuazione. L’aumento dei tassi d’interesse comporterà per l’Italia un incremento del costo per il servizio del debito pubblico. La crisi della Silicon Valley Bank e quella del Credit Suisse non hanno fatto desistere i falchi del Consiglio direttivo dall’ammorbidire la politica monetaria restrittiva. Molti speravano, a ragione, che sarebbe stato più saggio un incremento di 250 punti base. La presidente della Bce ha affermato “non vediamo attualmente una crisi di liquidità”. È l’avverbio “attualmente” che ci preoccupa e il “seguiamo tensioni mercati, pronti a intervenire”. L’unico aspetto positivo, se vogliamo guardare il bicchiere mezzo pieno, è che nel comunicato di fine vertice del Consiglio direttivo della Bce non si fa più riferimento al voler continuare “ad aumentare i tassi di interesse in misura significativa a un ritmo costante e a mantenerli su livelli sufficientemente restrittivi da assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione al suo obiettivo del 2 per cento nel medio termine”. In sostanza, una politica monetaria sorda alle richieste del mondo finanziario e cieca nel perseguirla!

Aggiornato il 17 marzo 2023 alle ore 16:03