Silicon Valley Bank: la fine della finanza infinita e la crisi dell’Occidente

“C’è del marcio in Danimarca”, è la citazione di Marcellus nell’Amleto con cui fa riferimento non solo agli strani avvenimenti e alla presunta pazzia del principe, ma anche al precedente commento di Amleto che afferma che Danimarca e il mondo stesso sono “un giardino incolto, pieno tutto di malefiche piante” (atto I, scena II). La citazione potrebbe essere applicata al sistema finanziario assunto come verità incontrovertibile, ma marcio nelle sue radici definite nel 1971 con la rivoluzione finanziaria che ha plasmato il modello occidentale quando Richard Nixon dichiarò che la stampa del dollaro sarebbe stata sganciata dal controvalore reale dell’oro mettendo fine al sistema monetario basato sul “Gold exchange standard”. È in tale contesto che nasce “Il tempo del dollaro”: per dare un qualche valore a una moneta ormai “eterea” infatti, gli Usa inventano il petrodollaro ed il sistema Swift che obbligano i Paesi occidentali a usare il dollaro rafforzandolo come moneta di riferimento. La svolta per la definitiva affermazione avviene poi con la caduta del muro di Berlino, che eliminando il principale avversario politico ed economico lascia campo libero al dominio della finanza e del dollaro come moneta globale di riferimento. La finanza diventa allora una verità incontrovertibile e l’economia cambia il suo Dna da scienza sociale a scienza positiva.

Su quelle radici si è costruito un mondo della finanza staccato dall’economia reale che ha potuto muoversi al di fuori di ogni limite quantitativo reale ma solo numerico e infinito. L’illusione dell’infinita ricchezza è diventata verità incontrovertibile e la collusione tra finanza, politica e Accademia è diventata la prassi dell’operare per massimizzare i valori troppo spesso fasulli attribuiti alle attività economiche in quanto costruiti sul nulla delle aspettative e senza legami con il mondo reale. Non ci sono stati limiti di sorta all’espansione di questa suicida manovra che ora sta cominciando a portare i conti di un dissesto finanziario senza pari nella storia perché ha determinato il collasso del modello socioculturale occidentale costruito sui desideri e sul debito creato da una finanza senza controlli. Sono venuti meno i controllori troppo spesso allineati dalla cultura della finanza infinita da cui attingevano interessi finanziari; le società di rating, le società di certificazione dei bilanci, le big four, hanno avvallato tutto. Poi il sistema troppo gonfiato ha cominciato a mostrare le prime bolle e nel 2008 il caso Lehman Brothers ha mostrato i limiti di un percorso cieco dettato solo dall’avidità senza scrupoli morali e regole idonee a contenere il disastro. La Federal Reserve di fronte al crollo del sistema anziché bollare il disastro criminale commesso ha preferito la strada del “troppo grande per fallire” e ha salvato le prime cinque banche americane dando l’illusione che di fronte ai danni della finanza ci si sarebbe potuti salvare e aumentando di conseguenza il “moral hazard” a commettere atti illeciti e di fatto cancellando con il salvataggio tutta la normativa sull’antitrust e sul lobbysmo finanziario.

Lehman non è servito. E oggi ci presentiamo al caso della Silicon Valley Bank che racchiude tutti i sintomi di un gigante malato e con i piedi di argilla. Da Lehman la Fed e tutte le altre banche centrali hanno inondato il sistema di carta moneta fiat, cioè senza sottostante dandola a tassi vicino allo zero esattamente come aveva fatto Alan Greenspan, il santone della Fed, agli inizi del nuovo secolo innescando il tonfo Lehman. In questi anni però il sistema socioculturale del mondo occidentale si è indebolito e per realizzare il massimo profitto ha delocalizzato tutta la manifattura nell’est stordito da un’egemonia che si stava sgretolando facendo così crescere e prosperare a nuova vita i paesi a cui era stata affidata la manifattura occidentale. La moneta stampata senza sottostante ha cominciato a rifare i danni dando l’illusione di una ricchezza infinita spingendo così le imprese ad assumersi rischi sempre più grandi e a creare un debito pubblico e globale che ha continuato ad alimentarsi in un drammatico Schema Ponzi. Abbiamo dimenticato la lezione di Hyman Minsky che aveva indicato come “Minsky moment” il momento in cui l’azzardo morale e finanziario finisce per crollare sotto il debito alimentato dalle illusioni della crescita infinita. Oggi il caso della Silicon Valley Bank mostra tutte le carenze di un sistema fuori controllo con le società di certificazione che hanno avvallato tutto, con Moody’s che attribuiva alla banca un rating illusorio e con banche come la JPMorgan Chase che consigliava i clienti sull’acquisto di quelle azioni.

Oggi quella banca è il problema minore perché è più grave il debito Usa che ha raggiunto il 135 per cento del Pil e cresce più rapidamente dello stesso, con un deficit commerciale di oltre 50mila miliardi di dollari. Questo modello di sviluppo a cui afferiscono un miliardo e 300 milioni di persone, fondato sulle aspettative e non sull’economia reale, si scontra con il modello del resto del mondo a cui afferiscono 6,7 miliardi di persone. La guerra in Ucraina rappresenta lo scontro finale in cui la povera Ucraina è stata condannata a fare la guerra per procura come ha detto in televisione la sottosegretaria di Stato Usa Victoria Nuland, ma il vero scontro è tra civiltà, quella occidentale fatta sulla finanza e l’altra costruita sull’economia reale, le materie prime e la mano d’opera in cui la finanza è solo strumentale alle imprese. La seconda sta progettando una moneta legata all’oro e alla sostituzione del sistema Swift con una posizione debitoria ben diversa, la Russia ha un debito sul Pil del 14 per cento e nessun debito così come la Cina e gli altri Paesi del Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) a cui si stanno aggiungendo tanti altri come l’Iran, l’Arabia Saudita, il Kazakistan. Oggi siamo di fronte a un conflitto fra modello culturali opposti e invece di continuare a fare una guerra per salvare l’indifendibile egemonia unipolare degli Usa sarebbe bene che la politica scendesse dalle nuvole per ricongiungersi al mondo reale troppo lontano per essere oggi capito. È vero: “C’è del marcio in Danimarca”. Ma non solo.

(*) Professore emerito – Università Bocconi

Aggiornato il 17 marzo 2023 alle ore 10:49