Riforma del fisco, il buon senso che si fa strada e i dubbi che restano

lunedì 20 marzo 2023


Il buon senso è tale proprio perché ampiamente condiviso. Diffuso tanto da rendere impossibile tracciarne l’origine. Ma ciò non toglie che chi – come l’Ibl – proprio al buon senso si è ispirato, oltre cinque anni fa, nel formulare una ampia proposta di riforma del sistema fiscale intitolata 25 per cento per tuttioggi abbia molti motivi di soddisfazione. Nella ipotesi avanzata dal governo in carica sono infatti presenti molti dei caratteri della proposta Ibl che, forse non a caso, per cinque anni è rimasta l’unica proposta organica sul tavolo. Una riduzione del carico fiscale compatibile con la stabilità dei conti pubblici, una riduzione del numero delle aliquote (nella prospettiva dell’aliquota unica), un progressivo avvicinamento fra principi fiscali e principi civilistici, il definitivo superamento dell’Irap, una finanza regionale e locale rivisitata, un diverso e più civile rapporto fra fisco e contribuente, un disegno complessivamente coerente e non già, come era accaduto fino a oggi, una accozzaglia di provvedimenti episodici: tutti obiettivi già presenti in 25 per cento per tutti, oggi ripresi nel disegno di legge delega firmata dall’esecutivo e – ci auguriamo – consolidati nella discussione parlamentare che verrà e nella successiva stesura dei decreti delegati. Sia chiaro: non vantiamo alcuna primogenitura, manifestiamo solo la nostra soddisfazione per aver contribuito, nel nostro piccolo, ad aprire una strada che pensiamo possa essere fruttuosa per il Paese.

Non mancano temi sui quali pensiamo che sia opportuno un supplemento di indagine da parte del governo. In primis, i rigurgiti di dirigismo presenti nella proposta di una tassazione dei redditi di impresa che dovrebbe favorire comportamenti specifici (sul versante occupazionale o degli investimenti) all’insegna del “Father knows best”, dove il padre in questo caso sarebbe il governo (o l’amministrazione). Era decisamente preferibile quel governo che per bocca del suo principale esponente dichiarava di non voler “disturbare chi vuole lavorare e produrre ricchezza”. E non per motivi ideologici ma semplicemente perché quando si tratta di scelte imprenditoriali la conoscenza a disposizione dell’amministrazione è sempre e comunque limitata e tardiva. In “25 per cento per tutti” avevamo suggerito che la finalità redistributiva è perseguita con efficacia molto maggiore dal lato della spesa piuttosto che dal lato delle entrate e che quest’ultimo – nel rispetto dei principi costituzionali – debba essere invece principalmente orientato alla crescita. Il disegno di legge delega condivide questa impostazione. Sarebbe importante che lo facesse senza inutili sbavature.

(*) Consigliere di amministrazione dell’Istituto Bruno Leoni


di Nicola Rossi (*)