Cosa ci hanno fatto scoprire tre anni di Pnrr

È un’esperienza da approfondire quella vissuta in quasi tre anni, cioè dalla data in cui nel mese di giugno del 2020 l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ritornando da Bruxelles, fece una conferenza stampa in cui ci raccontò che l’Unione europea aveva dato all’Italia quasi 200 miliardi di euro per attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza e che noi avevamo quasi pronto il Piano e che entro il 2020 avremmo già ottenuto una prima tranche di risorse pari a 20 miliardi di euro. È un’esperienza che, senza dubbio, può ritenersi negativa ma che penso abbia fatto capire quanto sia rilevante il crollo della forza gestionale dei nostri dicasteri e in particolare di coloro che, proprio in questi tre anni, hanno rivestito la carica di ministro. Per questo ho ritenuto opportuno fare riferimento ad alcuni esempi utili, a mio avviso, per dare avvio a una rivisitazione sostanziale dell’organizzazione degli stessi dicasteri e di alcuni strumenti che spesso allungano non di settimane, non di mesi ma di anni la normale evoluzione di un iter autorizzativo.

Comincio con l’esperienza delle Zone economiche speciali (Zes), comincio dalla evoluzione di tale iniziativa perché la ritengo quanto meno kafkiana perché troviamo questa iniziativa strategica nel Decreto legge 20 giugno 2017 n. 91, convertito con modificazioni dalla Legge 3 agosto 2017 n. 123 e successive modificazioni, nell’ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno. In realtà sei anni fa, non sei mesi fa, un Decreto aveva previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zone economiche speciali (Zes) all’interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento potevano beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative. Con il Dpcm del 25 gennaio 2018 fu poi adottato il regolamento recante l’istituzione di Zone economiche speciali (Zes) e nel 2020 le Zes furono inserite nel Pnrr per sviluppare le infrastrutture nei porti del Mezzogiorno. Prevedendo tempi e procedure più snelle, incentivi fiscali per le opere da realizzare e poteri speciali a commissari per bandire le gare.

Per capire lo stato di avanzamento delle varie iniziative che, se concretamente avviate, potrebbero disporre di 630 milioni di euro sarebbe sufficiente leggere le dichiarazioni di alcuni commissari come Giosy Romano (commissaria delle zone industriali di Campania e Calabria) o come Manlio Guadagnuolo (commissario della Zes Adriatica in Puglia) o Aldo Cadau (Commissario per la Zes in Sardegna) per rendersi conto che, pur in presenza di un loro convinto impegno nell’attuare le finalità contenute nelle Zes, si è praticamene fermi e si rischia di perdere, entro il corrente anno, la metà dei 630 milioni di euro. Ma ho evitato di riportare le loro dichiarazioni ufficiali e ho ritenuto più utile riportare le conclusioni della Corte dei Conti che ribadiscono: “Allo stato delle cose il numero degli interventi per i quali si è pervenuti all’aggiudicazione dei lavori è molto esiguo. Per la gran parte di quelli previsti ci si trova ancora in fasi preliminari alla stessa indizione della gara. Addirittura per i progetti relativi alle Zes Calabria e Sardegna non risultano avanzamenti rispetto al primo semestre del 2022. L’obiettivo fissato nel Pnrr per la fine dell’anno in corso risulta arduo. È necessaria una forte accelerazione all’intero processo”.

Ho voluto cominciare questa mia analisi dalle Zes perché negli ultimi due anni ho sistematicamente denunciato questa inconcepibile stasi e quasi sempre i vari ministri competenti, partecipando alla serie di prime pietre e di convegni locali (ne ho contati 37), hanno annunciato l’avvio di opere e il trasferimento di risorse; cantieri e risorse rimaste solo un interessante passaggio mediatico. Quindi questa è la prima testimonianza della incapacità dell’organo centrale nell’attuare una scelta che era mirata alla attuazione, come detto prima, di interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno (una urgenza che dopo sei anni diventa solo offensiva).

Passiamo poi ad un’altra esperienza vissuta in questi tre anni. Avevamo appreso dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti di avere trasferito, in tempi velocissimi, ai vari soggetti locali preposti alla attivazione della spesa i vari interventi del Pnrr ed avevamo anche appreso di date certe.

In diversi convegni ed in numerose interviste avevamo appreso che, grazie a questa efficienza con cui si erano trasferite le assegnazioni di risorse per attuare opere ed iniziative, entro il secondo semestre del 2022 avremmo potuto assistere alla apertura di cantieri per un valore di circa 200 miliardi di euro. Tutto questo poi non è avvenuto ma la cosa più grave è che grazie al ReGis stiamo oggi scoprendo che sono arrivati al ministero della Economia e delle Finanze 164mila progetti di cui 69mila riguardano opere ed iniziative ubicate nel Mezzogiorno, Di questi 69mila progetti del Sud solo 12mila sono stati inseriti nel ReGis perché non coerenti ai vincoli ed alle indicazioni imposte dall’Unione europea. Sta emergendo che la causa di questa mancata coerenza alle linee guida sia da addebitare proprio alle modalità con cui l’organo centrale ha trasmesso le varie autorizzazioni.

In realtà abbiamo assistito ad una corsa a dimostrare di avere rispettato scadenze temporali utili per ottenere le anticipazioni da parte dell’Unione europea ma alla fine è esplosa la triste realtà di una macchina che non è partita e cosa ancor più grave rischia di non partire neppure nei prossimi mesi. Tutto questo lo abbiamo capito proprio alla fine del 2022 e ci siamo convinti che la tipica accusa alla incapacità delle strutture regionali quanto meno era solo in parte vera. La attenzione al Pnrr ha messo in secondo ordine o forse ha generato una diffusa distrazione su altri tre temi che ritengo molto importanti, mi riferisco alla attuazione delle opere contenute nel Programma 2014-2020 supportato dal Fondo di sviluppo e coesione, alla programmazione delle opere contenute nel Programma 2021-2027 supportato sempre dal Fondo di sviluppo e coesione, alla impostazione dell’aggiornamento delle Reti Trans European Network (Ten-T).

Una distrazione che ora il ministro Raffaele Fitto sta cercando di recuperare e al tempo stesso sta in tutti i modi costruendo delle procedure per evitare di perdere, alla fine di questo anno, un volano di risorse di oltre 30 miliardi. Anche in questo caso i vari ministri del Sud e della Coesione territoriale della passata Legislatura ci avevano assicurato che erano riusciti a dare piena coerenza tra l’avanzamento delle opere e le scadenze comunitarie. Sempre il Pnrr ci ha fatto scoprire che negli ultimi dieci anni ed in particolare nella ultima Legislatura si era spenta del tutto la capacità di spesa; il dato sul Pnrr fa solo paura; è sconcertante che dopo quasi tre anni in presenza di una scadenza annunciata si sia speso solo il 6 per cento e questa percentuale la si è ottenuta solo grazie ad opere già avviate con la Legge Obiettivo (sì quella Legge che il dottor Cantone definì criminogena).

Questa incapacità della spesa come ho ricordato più volte era legata ad una precisa scelta dei Governi che si sono succeduti dal 2015 in poi: quella di erogare risorse in conto esercizio per l’incremento di salari bassi, per il reddito di cittadinanza per il quota 100, questa triste abitudine a non effettuare investimenti in conto capitale ha reso incapace la pubblica amministrazione a spendere e questa incapacità è esplosa, è diventata drammatica proprio quando l’Unione europea ci ha assegnato le risorse del Pnrr. Potrei continuare ad elencare le distorsioni prodotte dal Pnrr soprattutto all’interno dell’organo centrale e soprattutto quanto queste anomalie pesano e peseranno sulle scelte strategiche che l’attuale Governo si accinge a prendere. Forse sarebbe opportuno, contestualmente alla riattivazione concreta della macchina, rivedere i ruoli, le competenze e le organizzazioni dei nostri Dicasteri cercando anche di ridare carica e motivazione a chi lavora al loro interno; il Pnrr infatti ha motivato alcuni e deluso moltissimi.

(*) Tratto da Le Stanze di Ercole

Aggiornato il 07 giugno 2023 alle ore 12:31