Quel macabro "spread" dei suicidi

venerdì 20 aprile 2012


A rischio di venire accusati di essere nostalgici del berlusconismo - e non lo siamo, certo non dell'ultima fase - non possiamo però far a meno di notare che stime ottimistiche sui conti pubblici come quelle presentate con un certo compiacimento dal premier Mario Monti non sarebbero state perdonate al Cavaliere. Così come non sarebbe stata perdonata quella caduta di stile (non è la prima, a dire il vero) che il sobrio premier si è concesso citando il numero esatto (1.725) dei suicidi in Grecia, proprio nei giorni in cui le nostre cronache sono piene della triste contabilità sugli italiani, imprenditori e non, che dall'inizio dell'anno si sono tolti la vita, per lo più per crediti non estinti dalla pubblica amministrazione e per vessazioni fiscali e bancarie. D'accordo, professor Monti, dobbiamo a Lei e al suo governo il merito di non averci fatto fare la «drammatica» fine della Grecia, ma ci auguriamo che per convincerci non arrivi ad evocare implicitamente un nuovo tipo di spread, ben più macabro di quello sui rendimenti dei titoli di Stato.

Le statistiche, anche quelle di ieri sugli ordinativi industriali - a febbraio -2,5% sul mese precedente e -13,2% su base annua - e sui 3 milioni di disoccupati che avrebbero rinunciato a cercare lavoro, continuano a prefigurare una recessione ben più acuta di quella stimata dal nostro governo (-1,2%), più vicina alla previsione del Fmi (-1,9%). Piazza affari ha perso terreno anche ieri (-2%) e lo spread sfiora di nuovo quota 400. L'asta dei bonos spagnoli è andata così e così: buona la domanda, che ha doppiato l'offerta, ma rendimenti in rialzo: sui decennali fino al 5,78%. Male anche lo spread tra decennali francesi e tedeschi, che ieri ha toccato i 142 punti, mentre Moody's avverte che il costo del debito spagnolo e italiano è già a livelli insostenibili e Christine Lagarde, direttrice del Fmi, si dice allarmata per il rischio di una «generazione perduta» in Europa.

Il Wall Street Journal non si fa ingannare dall'ottimismo dei dati contenuti nel Def e titola che «l'Italia viene meno all'impegno» del pareggio di bilancio nel 2013. Lo 0,5% del Pil previsto dal governo italiano non è ancora pareggio di bilancio da un punto di vista finanziario, lo è secondo il benchmark politico su cui si sono accordati i partner Ue nel fiscal compact, spiega il quotidiano Usa. 

Il quale ricorda, anzi, che secondo il Fmi l'Italia non azzererà il deficit prima del 2017. Né è sfuggita al Wsj la fosca previsione del direttore del Censis, Giuseppe Roma, secondo cui a fine anno il valore degli immobili rischia di crollare del 20%, con punte del 50%, per «l'effetto-Imu». Ben più generosi nei confronti delle stime governative i grandi giornali di casa nostra, con un'eccezione: "La Stampa" pubblica un editoriale di Luca Ricolfi, in cui il sociologo si dice colpito dalla «completa mancanza di concretezza» della conferenza stampa di ieri, da «un linguaggio "ottativo" che meriterebbe di essere studiato già solo per l'audacia con cui ibrida due mostri del nostro tempo, il paludato gergo della burocrazia europea e i manifesti elettorali dei partiti», e da un governo di tecnici, per di più economisti, che mostrano scarsa attenzione per la «la dura, concreta, pietrosa realtà» dei costi di produzione. Nessun taglio ai costi - materiali e burocratici - di chi produce, nessun taglio alla spesa pubblica, ma tante «buone intenzioni», tavoli e piani a cui si sta lavorando, e stime ottimistiche. Un editoriale accompagnato da un'intera pagina piena dei pareri critici di economisti di diverso orientamento.

Insomma, la ricetta Monti comincia a non convincere. Scetticismo all'estero, anche se stampa e organismi internazionali non ci pensano nemmeno ad abbandonare il premier italiano che così alte aspettative aveva suscitato; e scetticismo all'interno: il "job approval" del governo e personale di Monti cala e i partiti, con l'avvicinarsi delle amministrative, sgomitano. Da qui la debolezza politica di Monti. Il professore cerca di reagire tirando le orecchie ai partiti, ricordando loro che lo scetticismo sul debito pubblico dell'Italia riflette lo scetticismo sulla volontà politica di affrontarlo, e avvertendo che i mercati guardano anche alla riforma dei partiti e della governance politica. Il problema è che per la prima volta i dati economici giustificano un certo scetticismo anche sull'operato del governo dei tecnici.

La sensazione è che nonostante il bombardamento mediatico, da parte del governo e dell'amministrazione finanziaria dello Stato, per convincere gli italiani che gli evasori fiscali sono i veri colpevoli della crisi, nei prossimi mesi, quando la pressione fiscale (soprattutto con l'Imu) sarà percepita in tutta la sua insostenibilità, l'opinione pubblica tornerà ad essere molto più sensibile alle ragioni degli antistatalisti. Sembra essersene reso conto il Pdl di Alfano, che al grido "basta tasse!" sta incalzando il governo Monti, e tra i possibili protagonisti di una nuova offerta politica Luca Cordero di Montezemolo, con la sua "Italia Futura". Molti, infatti, i liberali e i liberisti approdati alla sua corte, da Nicola Rossi a Michele Boldrin. 


di Federico Punzi