Nasce il Governo del paradosso

sabato 22 febbraio 2014


Il Governo di Matteo Renzi nasce all’insegna del paradosso. La sua massima forza è data dal rapporto con l’opposizione mentre la sua grande debolezza dipende dall’estrema precarietà di una maggioranza che in gran parte lo considera un pericoloso intruso.

Il rapporto con l’opposizione, naturalmente, riguarda solo Forza Italia e Silvio Berlusconi. L’altra opposizione, quella del Movimento Cinque Stelle e di Beppe Grillo, ha scelto di autoescludersi dal gioco parlamentare e di puntare ad essere l’unica forza antisistema nella speranza di poter continuare a rappresentare quel quarto dell’elettorato italiano che è disgustato dalla politica e crede solo nella protesta. L’opposizione del fronte moderato, invece, non si è affatto autoesclusa dal gioco politico- parlamentare. Anzi, proprio per reagire al tentativo di emarginazione e di eliminazione compiuto ai suoi danni attraverso la criminalizzazione del proprio leader, ha deciso di essere più in campo che mai sfruttando il suo ruolo determinante per la realizzazione delle riforme indispensabili per la salvezza del Paese.

La sinistra ottusa accusa Renzi di aver ridato a Silvio Berlusconi quella agibilità politica che gli era stata tolta a colpi di sentenze e con l’estromissione dal Senato. Ma non capisce che nel prendere atto della impossibilità di realizzare qualsiasi riforma senza il sostegno determinante di Forza Italia, il nuovo Presidente del Consiglio nonché segretario del Pd sta facendo un favore solo a se stesso. Perché se non mantiene le promesse di realizzare il cambiamento si sgonfia come un palloncino bucato e la sinistra viene fatta a pezzi dall’opposizione antisistema di Grillo. E può fare le riforme solo con il consenso e l’appoggio del proprio avversario naturale. Naturalmente l’interesse di Berlusconi di rompere la conventio ad excludendum nei suoi confronti coincide con quello del Premier. Di qui il rapporto che rappresenta il punto di forza per entrambi e che sembra fatto apposta per evidenziare al massimo il rapporto di debolezza che Renzi ha con la propria maggioranza.

La coalizione è tenuta insieme solo dall’interesse di tutte le sue componenti di rinviare il più lontano possibile la data del ritorno alle urne per le elezioni politiche. Questo interesse non riguarda solo il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano e le altre formazioni neo-centriste, consapevoli che le elezioni segnerebbero la loro scomparsa. Riguarda anche (e forse soprattutto) i gruppi parlamentari del Partito Democratico, composti in larga maggioranza da uomini e donne scelti, grazie al Porcellum, dall’ex segretario Pierluigi Bersani. Costoro sanno benissimo che il voto servirebbe a Renzi per sostituirli con i suoi fedeli. E hanno accettato il cambio della guardia a Palazzo Chigi tra Letta e Renzi solo perché la debolezza del primo avrebbe portato a votare in autunno, mentre l’ambizione del secondo può far sperare di rinviare il traumatico evento almeno di un paio d’anni.

Ma non è solo questa la condizione di debolezza che il Premier ha rispetto alla propria maggioranza. Renzi sa bene di non poter contare sulla “protezione” di Giorgio Napolitano. Anzi, sa ancora meglio che se vuole sperare di dare un futuro al proprio Governo deve affrancarsi dai condizionamenti e dalle pressioni di un Colle diretti a trasformare il proprio Esecutivo nella fotocopia di quelli di Monti e Letta.

Di qui il paradosso del Governo che come unica speranza di successo ha quella di mantenere in vita il rapporto preferenziale con l’opposizione e come principale preoccupazione quella di tenere a bada le tensioni all’interno della propria maggioranza!


di Arturo Diaconale