Il grande fritto misto per la svolta del nulla

Matteo Renzi ha gettato la maschera. Ascoltando la sua conferenza stampa della “svolta” sono rimasto letteralmente basito, sebbene in parte mi aspettassi una buona dose di televendita politica. Tuttavia, il contrasto tra la realtà fattuale dei provvedimenti economici presentati dal premier e ciò che lo stesso sbandierava compiaciuto è stato troppo stridente. La tangibile sensazione è che ci troviamo di fronte ad uno spregiudicato uomo politico il quale, nascondendosi dietro l’ipocrisia “del ci metto la faccia”, si permette il lusso di giocare d’azzardo con le residuali speranze di un Paese in grave difficoltà. Altro che impressionanti riforme strutturali.

Ora, premesso che il sistema italiano avrebbe bisogno di una decisa correzione di rotta sul piano della riduzione del perimetro pubblico, unica concreta direzione per abbattere significativamente la spesa pubblica e la conseguente pressione fiscale allargata, le misure uscite dall’ultimo Consiglio dei ministri dicono tutt’altro. In estrema sintesi, proprio come un incallito giocatore di poker, Renzi ha operato una mossa per rilanciare l’economia priva di alcuna solida copertura finanziaria, escludendo l’insopportabile fuffa di una spending review che si limita, in linea col recente passato, a risparmi di spesa basati sulle matite e le fotocopie, tanto per usare un eufemismo.

Sotto questo profilo, la riduzione di 10 miliardi nella tassazione dei dipendenti che guadagnano fino a 25mila euro lordi viene fatta sostanzialmente aumentando il deficit dello Stato. Su questo bisogna essere chiari. Allo stesso modo la sfilza di nuove spese annunciate dall’ex sindaco di Firenze, anch’esse prive di una ragionevole pezza d’appoggio sul lato dei risparmi. Il tutto poggia - ed è questa la vera scommessa di Renzi - su un presupposto che, in verità, è stato ampiamente espresso dallo stesso Presidente del Consiglio: l’idea molto keynesiana secondo la quale questa ennesima iniezione di liquidità operata a debito possa infondere una spinta tale all’economia da averne poi un ritorno benefico anche e soprattutto sul piano del gettito tributario complessivo.

Trattasi, in soldoni, dell’ennesima, a mio avviso totalmente fallimentare, riproposizione in salsa fiorentina di uno stimolo economico fondato sulla domanda, evitando di incidere sui profondi squilibri strutturali che impediscono all’Italia di crescere in modo armonico. In altri termini, la solita droga di spesa e deficit che può dare un momentaneo beneficio, ma che non serve assolutamente a curare il corpaccione sempre più malato di un Paese in cui troppa gente vive di Stato e di tasse e troppo poca di mercato e di concorrenza.

Ebbene, nel fritto misto di regalie keynesiane prospettate da Renzi non vi è la benché minima traccia di una riforma che possa, pur nel tempo, riequilibrare un sistema effetto da un eccesso di spesa pubblica e di tassazione. Nella pietanza di questo straordinario venditore di pentole vi è solo, ahinoi, la drammatica illusione dei pasti gratis. Pasti gratis sotto forma di una mancia per il suo elettorato di riferimento che, mi sento di scommetterci, non fermerà di certo il nostro inesorabile declino.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:20