I due diversamente “responsabili”: B & A

C’è responsabilità e responsabilità. Nei confronti di Matteo Renzi e delle sue proposte di riforma c’è la responsabilità passiva dei suoi alleati di Governo, dal Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano ai diversi spezzoni di Scelta Civica, che si manifesta con prudenti mugugni nei confronti degli aspetti più contestati delle riforme care al Presidente del Consiglio, ma che si conclude sempre e comunque nell’accettazione piena e senza deroghe delle indicazioni di Palazzo Chigi. Nei confronti delle riforme di Renzi, poi, c’è la responsabilità attiva di Forza Italia, partito che non fa parte della coalizione di Governo, che è fermamente collocato sul fronte dell’opposizione ma che, con il proprio leader Silvio Berlusconi, ha stipulato con il Premier un accordo per la realizzazione di alcune delle principali riforme necessarie alla ripresa del Paese. In primo luogo la riforma elettorale e, di seguito, il Titolo V della Costituzione e l’abolizione del bicameralismo perfetto (o paritario) da ottenere con un’apposita riforma del Senato.

Tra responsabilità passiva e responsabilità attiva esiste, ovviamente, una precisa differenza. Quella che dipende dal diverso ruolo politico dei diversamente responsabili. Alfano e gli altri esponenti dei cespugli centristi debbono manifestare una responsabilità puramente passiva, in quanto legati da un accordo di Governo con Renzi. Se volessero essere attivi rischierebbero di far saltare, come fanno i dissidenti interni del Partito Democratico, l’attuale maggioranza. Viceversa, Forza Italia e Berlusconi non sono legati al Premier da alcun accordo di Governo ma solo dalla comune consapevolezza che ci sono riforme indispensabili da realizzare e che nessuna di queste riforme può diventare realtà senza il sostegno esterno della parte responsabile dell’opposizione.

I due ruoli diversi pongono i cespugli centristi di Alfano in una posizione necessariamente subordinata nei confronti di Renzi e stabiliscono che quella di Forza Italia e di Berlusconi nei confronti del Premier è, altrettanto necessariamente, paritaria. Le conseguenze di questa diversità sono intuibili. All’interno della maggioranza di Governo i singoli alleati possono anche discutere tra di loro, ma alla fine non possono non piegarsi (a meno di non far saltare la coalizione) al volere del Presidente del Consiglio. Fuori della maggioranza, lo stesso Premier non può pensare di imporre sempre e comunque la propria volontà appellandosi al senso di responsabilità verso il Paese del leader del partito d’opposizione con cui condivide la necessità di portare avanti le riforme. Deve accettare una discussione paritaria. Che poggia ovviamente sull’intesa di fondo stipulata a suo tempo, ma che impone la possibilità di un confronto aperto teso a produrre non riforme qualsiasi ma le migliori riforme possibili.

Il caso della riforma del Senato è illuminante. Alfano e gli esponenti dei cespugli centristi non possono far altro che accettare supinamente e passivamente la proposta di Renzi di trasformare Palazzo Madama nella Camera dei sindaci e dei nominati dal Quirinale. Ma, benché d’accordo sulla necessità di superare il bicameralismo perfetto, perché mai Berlusconi e Forza Italia dovrebbero rinunciare a criticare un progetto sbilenco da dilettanti allo sbaraglio? Solo per consentire a Renzi di mettersi la medaglietta di rinnovatore nella campagna elettorale per le Europee scaricando sui posteri le conseguenze negative di riforme fasulle?

Alfano e compagni sono costretti a rispettare passivamente il patto di Governo, Berlusconi e Forza Italia hanno tutto il diritto di pretendere che il patto sulle riforme stipulato con Renzi produca riforme valide e non si risolva in un patto leonino in cui uno solo guadagna e tutti gli altri perdono!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:26