Ncd, ruota debole del treno di Renzi

Matteo Renzi è convinto che non sarà l’ostacolo posto dal Nuovo Centrodestra sul decreto sul lavoro a fermare la corsa del treno delle riforme su cui ha fatto salire il proprio Governo. La sua non è una convinzione illusoria.

Perché di fronte alla fiducia posta sul provvedimento, il leader del Ncd, Angelino Alfano, ha immediatamente ritirato la minaccia di non votare il decreto modificato dalle pressioni della sinistra del Partito Democratico. E perché di fronte a questa retromarcia anche la sua successiva promessa di dare battaglia in Senato per riportare il provvedimento al testo originario è apparsa destinata a risolversi in un nulla di fatto. Renzi ha affermato che quelle di Alfano sono uscite di tipo elettorale. Come a dire che non hanno un valore politico pratico, ma sono solo tirate propagandistiche. E anche in questo caso è difficile dare torto al Presidente del Consiglio. Il sostegno al Governo Renzi è l’unica ragione di vita del Ncd.

Ma, se Alfano vuole far sopravvivere alle elezioni europee il proprio partito, deve dimostrare che questo sostegno non può tradursi nell’accettazione passiva di tutte le posizioni del Premier. Di qui la certezza di Renzi che Alfano non tradirà la ragione della propria esistenza. Ma anche la necessità del Ncd di alzare i toni della polemica su alcuni provvedimenti particolarmente significativi, per non apparire agli occhi del proprio elettorato di centrodestra come il partito che subisce le forzature della sinistra Pd e della Cgil. In campagna elettorale tutto questo è normale. Ma che succederà dopo il voto del 25 maggio nel caso in cui il Ncd non riesca a superare la quota vitale del quattro per cento?

È probabile che Renzi abbia già risolto il problema rilevando che il voto europeo non modificherà comunque gli attuali equilibri del Parlamento italiano. E che di fronte ad un’eventuale sconfitta il partito di Alfano non farà altro che arroccarsi sempre di più attorno alla sua unica ragione di esistenza rappresentata dal sostegno ad oltranza al Governo. Tanta eventuale concretezza , però, non tiene conto dell’eventualità di una mutazione radicale della prospettiva politica del Nuovo Centrodestra. Che da alternativa governativa a Forza Italia e possibile forza in grado di conquistare l’egemonia nell’intero centrodestra all’indomani del tramonto di Berlusconi, potrebbe ritrovarsi nello stesso ruolo avuto dal partito di Gianfranco Fini nella passata legislatura rispetto al Governo Monti. I parlamentari del Nuovo Centrodestra hanno ben presente la sorte amara toccata ai finiani. Perché è fin troppo recente e perché facevano parte di quel Pdl da cui Fini ed i suoi si erano clamorosamente staccati in nome di un presunto patriottismo repubblicano da preferire al patriottismo berlusconiano.

È difficile prevedere, quindi, nel caso il partito non superasse la quota di sopravvivenza, che gli alfaniani possano accontentarsi di andare avanti il più a lungo possibile nella legislatura in attesa della scomparsa dalla scena politica. Più facile preventivare, sempre nell’ipotesi di un voto europeo non favorevole, che le contraddizioni interne già presenti in questa fase possano facilmente esplodere rendendo più difficoltosa la marcia trionfale del treno di Renzi fino a bloccarla del tutto. In questo caso, in sostanza, la ragione di vita potrebbe cambiare. E passare dal sostegno senza alternative al Governo all’affondo senza alternative del Governo stesso!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:26