Ancora quell’eterna <br / > visione keynesiana

Come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, i politici di professione sono tendenzialmente keynesiani soprattutto per convenienza. Infatti, l’idea di poter spendere i soldi degli altri, seppur in nome e per conto della crescita, è da sempre il miglior sistema per ottenere consenso a buon mercato. Per questo motivo costoro sono restii a prendere in considerazione qualunque misura che stimoli lo sviluppo economico dal lato dell’offerta – ad esempio un taglio sostanziale delle imposte – preferendo di gran lunga dedicare ogni attenzione al sostegno della domanda.

Quindi, come dimostra la vicenda dei tanto discussi 80 euro del Governo Renzi, ciò che conta è riempire il più possibile le tasche dei consumatori, a mo’ di volano per l’economia. Tutto questo parte dal presupposto (efficacemente smontato da Frédéric Bastiat nel famoso “Racconto della finestra rotta”, molto prima che nascesse John Maynard Keynes) secondo il quale la mano pubblica utilizzerebbe assai meglio della cosiddetta società spontanea le risorse sul piano degli investimenti produttivi. Risorse ovviamente a quest’ultima sottratte o sotto forma di tasse o di prestiti, ovvero tasse future.

Ebbene, a parere dei sacerdoti italici di codesta religione economica, solo attraverso una cospicua dose di investimenti pubblici sarebbe possibile tornare a crescere. Ed è esattamente questo il messaggio che il premier sta lanciando da tempo in Italia ed in Europa: spendere e spandere per rivedere finalmente la luce, dopo anni di vero e proprio buio economico. Ma come per l’appunto sottolineò Bastiat, l’apparente vantaggio di spendere quattrini sottratti alla suddetta società spontanea non potrà mai superare il danno che questa ne riceve in prospettiva, sebbene risultino a tutta prima invisibili le tante opportunità perse da quest’ultima. Sotto questo profilo, i keynesiani senza scrupoli alla Renzi hanno facilmente buon gioco nel presentare solo gli aspetti positivi della loro propensione ad allargare i cordoni della borsa. Nascondendo il nocumento occulto che produce qualunque travaso di risorse che vada dall’economia privata allo Stato, essi continuano a prometterci l’avvento di un nuovo boom economico.

Nel frattempo, la pressione tributaria allargata ha raggiunto livelli solo fino a pochi anni fa inimmaginabili. Livelli obiettivamente incompatibili non solo per qualunque rilancio dei consumi e degli investimenti, ma tali da mettere in discussione la tenuta di quello che una volta era un florido tessuto produttivo. Eppure nella religione dei keynesiani al Governo l’unica strada percorribile passa per un’ulteriore cura di tasse e di spesa pubblica. Gli italiani non tarderanno a constatarne l’efficacia.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 17:00