Berlusconi-partito,   Berlusconi-movimento

La conferma del Patto del Nazareno non è il frutto della conversione di Silvio Berlusconi (e delle sue aziende) al renzismo. Come sostengono i più ottusi sostenitori del premier e gli antiberlusconiani del centrodestra tagliati fuori dall’intesa rinnovata tra due dei tre mattatori della scena pubblica nazionale.

È la logica conseguenza del voto europeo che ha determinato nuovi equilibri politici in contrapposizione a quelli seguiti alle ultime politiche ed ancora presenti nelle assemblee parlamentari. Quel voto che ora impone la necessità di risolvere temporaneamente lo scarto tra i due diversi equilibri, quello delle europee e quello delle politiche, attraverso un accordo di stabilizzazione tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi ed il conseguente isolamento di Beppe Grillo.

Molti ipotizzano che il patto a due con l’esclusione del terzo non riguardi solo la riforma del Senato e, soprattutto, la legge elettorale. Ma possa prevedere anche un’intesa di massima su chi sarà chiamato a succedere a Giorgio Napolitano quando il Presidente della Repubblica deciderà di dare seguito all’intenzione di anticipare la conclusione del proprio mandato. Ed arrivi addirittura a stabilire l’impegno ad andare a nuove elezioni dopo la nomina del nuovo capo dello Stato proprio allo scopo di eliminare una volta per tutte la differenza tra i due equilibri politici, vecchio e nuovo, che di fatto blocca la ripresa del Paese.

Può essere che l’ipotesi sia fondata. Anzi, è auspicabile che lo sia. Ma se anche fosse che Cesare si sia alleato con Pompeo per marginalizzare Crasso, sarebbe del tutto sbagliato immaginare che i primi due non continuino ad essere naturalmente avversari e concorrenti. In particolare, costituirebbe un clamoroso errore scambiare un patto imposto dal realismo politico in una totale conversione al renzismo da parte di Berlusconi.

Nel centrodestra il voto europeo ha dimostrato che il partito del Cavaliere continua ad essere l’asse portante dell’intera area e che i partiti minori non hanno altra sorte che scegliere tra l’isolamento all’opposizione, l’adesione alla sinistra con conseguente annullamento o il ritorno, sotto nuove forme, all’unità del fronte moderato. In questo quadro Forza Italia non può far altro che puntare a riaggregare l’intero centrodestra . Ma per farlo non può che giocare due partite in una. Quella del “Berlusconi-partito”, che tratta e chiude l’accordo con Renzi per evitare di trovarsi messo all’angolo da un eventuale patto tra gli altri due mattatori. E quella del “Berlusconi-movimento”, che non opera nelle stanze del potere ma all’interno della società, tiene viva la propria diversità politica e culturale rispetto al renzismo e, proprio in nome di questa naturale ed irreversibile contrapposizione, crea le condizioni per la ricucitura dei rapporti con le altre forze del centrodestra.

Al Berlusconi-partito, in sostanza, spetta la tattica. Quella che impone il Patto del Nazareno ed anche l’accettazione di riforme sconclusionate come quella del Senato pur di evitare guai maggiori come un accordo in streaming tra Renzi e Grillo e l’avvento di un regime di avventuristi allo sbaraglio. Ma al Berlusconi-movimento, che non è formato solo dalla struttura di Forza Italia o da quella dei Club Forza Silvio ma da soggetti diversi ed autonomi decisi a conservare ad ogni costo l’identità liberale e garantista, spetta il perseguimento della linea strategica tesa a rendere possibile, al termine della fase di transizione, la democrazia dell’alternanza.

Le due componenti berlusconiane possono convivere senza entrare in conflitto? Con il Cavaliere al comando, che si muove di volta in volta sul terreno tattico e su quello strategico, sicuramente sì. Senza, finisce la tattica ed anche la strategia diventa impossibile da perseguire!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:25