L’ostacolo al rilancio   dell’area moderata

L’assemblea nazionale del Nuovo Centrodestra svoltasi sabato scorso a Roma ha fornito la dimostrazione lampante di quale debba essere la via più diretta per ridare vita ed unità al centrodestra. Non si tratta della via indicata da Angelino Alfano ed accolta con soddisfazione dai dirigenti di Ncd. Cioè la modifica dell’Italicum attraverso la quota di sbarramento unica al quattro per cento e la reintroduzione delle preferenze. Si tratta, molto più semplicemente, della rottamazione della stragrande maggioranza degli attuali dirigenti del Nuovo Centrodestra, che poi altri non sono che i vecchi gruppi dirigenti del vecchio centrodestra.

La questione, ovviamente, non è anagrafica. Molti dei cosiddetti “vecchi” da rottamare sono anagraficamente “giovani”. Ma è soltanto politica. Perché quegli stessi che possono vantare di essere relativamente giovani all’anagrafe sono tragicamente anziani da un punto di vista politico e culturale. E rappresentano il solo ed unico ostacolo al recupero da parte del centrodestra del ruolo di principale antagonista della sinistra guidata da Matteo Renzi.

L’assemblea di Ncd, infatti, ha dimostrato che il gruppo dirigente del partito alfaniano non ha alcuna strategia politica oltre quella riguardante la propria sopravvivenza personale. Non è una strategia porre come unica condizione per una riunificazione sotto forma di federazione una modifica alla riforma della legge elettorale diretta a garantire la rielezione di un pacchetto di una decina di intoccabili. Serve solo a rendere evidente non solo che l’unica motivazione reale del gruppo dirigente di Ncd è quella di conservare comunque le poltrone acquisite. Ma, soprattutto, a chiarire agli occhi dell’elettorato dell’area moderata che l’unico ostacolo alla ricomposizione di uno schieramento in grado di governare in alternativa alla sinistra è rappresentato dall’egoismo personale di questo gruppo dirigente.

Naturalmente può anche essere che Silvio Berlusconi accetti di andare incontro alle richieste degli alfaniani accettando un qualche compromesso sull’Italicum. Ma è bene che nella considerazione dei costi e dei benefici dell’operazione il Cavaliere incominci a valutare quanto, in termini di consenso elettorale, potrebbe costare il ricongiungimento tra Forza Italia e Ncd fondato sul salvataggio dell’intero gruppo dirigente degli scissionisti.

La domanda che Berlusconi deve porsi è molto semplice. I vari Quagliariello, Cicchitto, Lorenzin portano voti o li tolgono? Quale sarebbe il valore aggiunto di questi personaggi? E, viceversa, quanti voti farebbe perdere la presenza nelle liste elettorali di persone che agli occhi del popolo del centrodestra hanno dimostrato di voler usare la politica più per se stesse che per il Paese? A porsi questa domanda, per la verità, non dovrebbe essere solo il Cavaliere ma chiunque abbia in animo di voler contribuire alla ricomposizione del centrodestra in nome della democrazia dell’alternanza. È possibile ripartire per diventare una credibile alternativa al renzismo rampante senza compiere quella stessa operazione di rottamazione dei vecchi gruppi dirigenti che l’attuale premier ha compiuto nel proprio partito?

La questione, va ribadito, non è anagrafica ma di valori e di idee che per essere rilanciati debbono essere espressi da gente e da metodi assolutamente nuovi. Non si può ripartire senza che chi ha deluso non faccia un chiaro e deciso passo indietro!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:27