D’Alema a Bruxelles?   Una pessima idea

Uno spettro si aggira per l’Europa, Massimo D’Alema. Da qualche giorno il suo nome è tornato a circolare nei “palazzi” della politica quale possibile alternativa alla candidatura di Federica Mogherini al ruolo di Alto Rappresentante della politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea.

La carta “D’Alema”, secondo i ben informati, potrebbe essere giocata qualora l’attuale ministro degli esteri italiano non dovesse farcela a superare le perplessità dei rappresentanti degli altri Paesi membri dell’Unione sulla sua nomina. Lo ha detto chiaramente Gianni Pittella, presidente del gruppo parlamentare del Pse al parlamento europeo. Francamente non pensavamo di dover arrivare a tanto: tifare per la Mogherini. Tuttavia questo Governo pasticcione continua a confezionare toppe che finiscono con l’essere di gran lunga peggiori del buco che vogliono coprire. E D’Alema rappresenta davvero un gran brutta toppa da maneggiare. Per qualche tempo ci eravamo illusi che il giovane Renzi ci avesse liberato dalla presenza del “leader maximo”. Pare non sia così.

D’altro canto è legge della Storia che anche i peggiori a volte ritornano. Ora, immaginare di ritrovarci il “perdente di successo”, lo sconfitto di tutte le battaglie ad avere voce in capitolo nella già discutibile politica estera europea non ci lascia tranquilli. Perché? Semplice, D’Alema è un tardo-comunista che ha indossato con difficoltà i panni del democratico. Non è stato folgorato dallo splendore della vita a stelle e strisce, com’è invece accaduto all’altro dioscuro del Pci morente, Walter Veltroni.

D’Alema vanta un passato di legami stretti con le organizzazioni di liberazione della Palestina. Tutti noi ricordiamo la sua passeggiata per le vie di Beirut a braccetto con il deputato Hezbollah Hussein Haji Hassan. Era il 15 agosto 2006 e D’Alema era il ministro degli esteri del governo di Romano Prodi. Siamo prossimi ad un altro 15 agosto. Non ci stupiremmo se a D’Alema, oggi che è ancora un privato cittadino, venisse voglia di farsi un giretto dalle parti di Gaza, giusto per salutare i vecchi amici di Hamas, che dopo l’intervento israeliano sono un po’ in ambasce. La verità è che la candidatura “D’Alema” inciderebbe non poco su uno snodo centrale della nostra politica estera. In una fase molto complessa dei rapporti tra Israele e la comunità occidentale, sostenere la nomina di un “amico” dei palestinesi potrebbe determinare conseguenze molto negative nei rapporti che il nostro governo intrattiene con il governo amico di Gerusalemme.

L’Ue, in special modo negli ultimi anni, ha prodotto una politica estera solo in apparenza equidistante rispetto al contenzioso che divide gli israeliani dai palestinesi. Bruxelles ha fatto di tutto per aiutare l’Autorità Nazionale Palestinese a contrastare i legittimi diritti dello Stato d’Israele. Lo ha fatto senza scoprirsi troppo. Lo ha fatto parandosi dietro il feticcio della pace. La candidatura del “burocrate” D’Alema offrirebbe un ottimo pretesto alle burocrazie di Bruxelles e ai potentati anglo-franco-germanici di tirare un calcio negli stinchi ai governanti israeliani servendosi della facciata italiana dietro la quale potersi nascondere. Tradotto: un altro bell’affare per il nostro Paese che con questa politica estera europea ci sta soltanto rimettendo e nient’affatto guadagnando.

Ma è possibile che dobbiamo passare sempre per gli scemi della compagnia? Non osiamo immaginare cosa sarebbe capace di combinare D’Alema, con la sua mai celata passione per i movimenti di liberazione sparsi qua e là per il mondo, nella gestione delle crisi aperte a Est del continente. Non c’è solo l’Ucraina a preoccupare. Il pericolo che l’incendio si propaghi alle repubbliche caucasiche non è una fantasia. E’ vero che il personaggio D’Alema talvolta inganni per la sua naturale postura da statista che farebbe pensare a un pensiero profondo che, in effetti, il politico D’Alema non ha. E’ vero che, in passato, egli ha affascinato amici e avversari. Di lui si innamorarono sia il compianto presidente Cossiga, sia l’imprevedibile leader del centrodestra, Berlusconi.

È vero, però, che entrambi, si sa, sono ricordati per una certa propensione agli amori sbagliati. Tuttavia, di lui non ci si può fidare. Fallita la vicenda politica personale, D’Alema aspira a fare di sé una “riserva della Repubblica”, da mettere in campo quando il Paese chiama. Ma proprio questo è il punto. Già siamo messi male di nostro, c’è bisogno di complicarci la vita andando dietro a ciò che un tempo sarebbe stato bollato come “l’avventurismo” politico di un personaggio che volle farsi leader senza capire granché dell’Italia e degli italiani?

Confidiamo nell’ego smisurato del giovane Renzi, che non vorrebbe che altri gli facessero ombra, per scongiurare un’altra iattura al Paese. Oltre alle bollette della luce e del gas più care e all’aumento delle tasse sulla casa ci tocca pure Massimo D’Alema ministro degli esteri europeo. Dio ci scansi!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:20