La riforma della scuola   e l’aria fritta di Renzi

Nonostante l’evidente ingolfamento della sua linea di Governo, alle prese con una economia sempre più alla deriva, il premier Renzi rinnova l’intenzione di riformare profondamente il Paese. Ciò con l’obiettivo dichiarato di ottenere maggiore flessibilità nei conti, che in soldoni significa ulteriore debito pubblico dall’Europa.

Tra le cose messe in cantiere per il prossimo Consiglio dei ministri, che si terrà il 29 agosto, vi è per l’appunto la tanto annunciata riforma del più grande carrozzone pubblico: la scuola. Quest’ultima considerata dal premier “non un problema ma un asset strategico del nostro Paese”. E tra le indiscrezioni che spuntano vi è l’intenzione del Governo di spendere un buon numero di quattrini nella riqualificazione dei docenti – si parla di un miliardo – e in una congruo riconoscimento economico per i più meritevoli. Inoltre, tanto per non farsi mancare nulla, si vorrebbe riaprire il capitolo dei concorsi, così da allargare ulteriormente la smisurata platea – senza pari nel mondo avanzato – di chi trae uno stipendio dalla scuola pubblica.

Quindi, al di là dell’evidente interesse renziano per un settore notoriamente appartenente al bacino di consenso del suo partito, l’idea è sempre quella di riformare il sistema pubblico dal di dentro, evitando di toccare gli aspetti che lo rendono disfunzionale. Nella fattispecie la scuola italiana non funziona come si vorrebbe, al pari di tanti altri carrozzoni finanziati coi soldi dei contribuenti, perché mancano due elementi correlati: libertà e concorrenza. Elementi che trovano nel valore legale del titolo di studio il loro ostacolo principale.

Nei fatti la scuola pubblica funziona come un baraccone autoreferenziale che dispensa stipendi e diplomi in modo totalmente burocratico, senza alcun legame con il mondo reale, quello della produzione per intenderci. Tanto è vero che oramai dai nostri corsi di studio, soprattutto nel Sud, escono figure destinate ad estendere l’impiego pubblico, anziché orientarsi verso una qualunque attività di mercato.

Ma Renzi sembra ignorare tutto questo, riproponendo l’aria fritta di una scuola pubblica monopolista che si rinnova col le chiacchiere e qualche benefit per chi ci lavora. Con questo tipo di buone intenzioni non possiamo che sprofondare sempre più nell’inferno del sottosviluppo.

 

 

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:24