Attacco jihadista: noi   da che parte stiamo?

Nel Mediterraneo, in Africa e in Medioriente c’è la guerra. E noi occidentali, che lo si voglia o no, ne siamo coinvolti. Fare come gli struzzi che, in presenza del pericolo, cercano di mimetizzarsi nascondendo la testa sotto la sabbia, non serve a nulla. Così è stato finora per la politica dell’Amministrazione Obama e per quella della maggioranza dei Paesi aderenti all’Unione europea.

Bisognerebbe avere il coraggio e l’umiltà di andare a rileggere le opere ultime di Oriana Fallaci e quelle di Bat Ye’or. Oltre che immense scrittrici, entrambe sono state lucidissime profetesse che hanno squarciato i veli d’ipocrisia con i quali le leadership del vecchio continente hanno celato la propria insipienza di fronte alle devastanti pretese dell’islamismo radicale. La caratteristica dei profeti, si sa, è quella di restare inascoltati dai propri contemporanei.

Ora, però, che lo scenario si va chiarendo e i nemici della nostra civiltà sono passati all’attacco ciascun Paese chiamato in causa non può più pensare di cavarsela con una scrollata di spalle. È l’ora delle scelte. Per l’Italia vale lo stesso discorso, con l’aggravante che ciò che per gli altri è certo per noi, che abbiamo l’abitudine a tenere i piedi in tutte le scarpe disponibili, diventa soltanto probabile. È la filosofia spicciola di Bellavista, personaggio partorito dalla fertile inventiva di Luciano De Crescenzo, a fare scuola nell’italietta piccola–piccola degli ”io, speriamo che me la cavo”.

Per fortuna l’Italia è anche altro. Soprattutto i tanti cittadini che affrontano con insospettato coraggio la vita quotidiana, degradata ai livelli minimi di sopravvivenza. Non sono loro il problema e non lo saranno per il futuro. Tutto, ancora una volta, è nelle mani di una classe dominante che dai Borgia in poi non si è mai particolarmente distinta per lealtà e coerenza. L’assenza di spina dorsale, la maniacale apprensione per il miserevole interesse di bottega, la sola fedeltà consacrata al dio del “particulare” guicciardiniano, la sorprendente abilità nel saltare di qua e di là del fosso a seconda delle convenienze del momento, la capacità di volare, come sosteneva Bruno Barilli, con disinvolto dispregio di ogni principio etico, sempre in soccorso del vincitore, l’hanno fatta solitamente da padroni nella storia del costume nazionale.

Tuttavia, tra qualche giorno gli eventi potrebbero porci nelle condizioni di dover dichiarare con precisione la posizione del nostro Paese. Allora i giochi di prestigio di Matteo Renzi non basteranno. I suoi contorsionismi verbali e la sua mascherata da bravo ragazzo della porta accanto, non potranno evitargli di dover rispondere alla domanda capitale: “Che fare?”.

Certamente una possibile opzione è nello spingere il Governo italiano a cercare riparo sulla sponda del “giustificazionismo”, assiomatico per la sinistra ideologica. Esso è figlio prediletto di quel sociologismo sessantottino che ravanava nell’armamentario retorico delle scienze sociali alla ricerca di scampoli di verità che dessero, negli anni ‘70/80, senso logico al dilagare del fenomeno terroristico del brigatismo. Gli interpreti autentici di quel pensiero lì si può individuare, nell’odierno Parlamento, nei banchi occupati dalla delegazione di Sinistra ecologia e libertà, nella parte del Partito democratico che si è autoconsegnata al silenzio per timore delle reazioni degli attuali padroni di casa e, probabilmente, tra alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle formatisi alla scuola dei centri sociali.

L’altra opzione, invece, condurrebbe l’intera classe politica a prendere atto dell’esistenza di un conflitto di civiltà insanabile e a decidere, senza tentennamenti, di passare all’attacco. Questa seconda possibilità dovrebbe essere sollecitata da una destra degna di questo nome perché consapevole del proprio ruolo davanti alla storia. Purtroppo, al momento, la destra italiana appare frastornata e confusa e sembra lasciarsi trascinare dal ridicolo balbettìo della sinistra di Governo che dice e non dice, che si atteggia a protagonista per poi delegare le proprie scelte di politica estera ai veri player dello scacchiere mondiale.

Cosicché, invece di mostrare al mondo la forza di un popolo dalle grandi e nobili tradizioni, finiamo per esibire la parte peggiore di noi che è questa classe dirigente un po’ cialtrona e, insieme, sfacciatamente spaccona che fa la voce grossa davanti alle telecamere per poi correre a nascondersi dentro le pieghe del sofisma, tutto gesuitico, coniato dall’attuale papa secondo il quale:” fermare la barbarie del genocidio non significa bombardare i carnefici”. Ci chiediamo dove ci abbia condotto tutto questo “buonismo” da doppiogiochisti.

Perfino con la storiella di Mare Nostrum stiamo finendo malissimo. Adesso anche i nostri partner europei ci accusano di aver fatto da tappetino all’ingresso di un flusso incontrollato di clandestini, indesiderato e potenzialmente pericoloso. Tutto per spillare un po’ di soldi alle casse di Bruxelles. Un finale con i fiocchi di cui andare orgogliosi.

Sarebbe bello se, almeno per una volta, ci ricordassimo di avere una faccia, se la classe politica avesse un sussulto di orgoglio nazionale e decidesse di schierarsi in prima linea, a difesa della civiltà occidentale. Invece, temiamo che la cosa finisca come sempre: si spedisce il fido Lapo Pistelli nelle zone calde, carico di una vagonata di banconote da distribuire a destra e a manca, per tenersi buoni tutti. In fondo, sarebbe un modo come un altro di rinnovellare il mitico “lodo Moro” nel tempo storico della società globale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:20