La sinistra scomparsa  e i fantasmi di Renzi

Hollande, in Francia, è stato costretto a provocare una crisi di Governo per estromettere dalla compagine ministeriale i tre rappresentanti della sinistra più rigida e intransigente.

In Italia Matteo Renzi non ha alcun bisogno di compiere una operazione del genere. Non solo perché nella sua squadra non esistono esponenti della sinistra definibile dura e pura. Ma soprattutto perché questa sinistra dura e pura, quella che per sessant’anni ha condizionato il Paese nel bene e nel male e che è stata la protagonista assoluta della cultura politica nazionale, è incredibilmente scomparsa. Si sbaglia di grosso chi pensa che l’assenza dal dibattito politico di fine agosto di questa gigantesca eredità, lasciata dal Partito comunista italiano e dai cattolici democratici d’ispirazione dossettiana, sia dovuta alle vacanze estive.

Può essere che Civati sia in qualche isola sperduta a prendere l’ultimo sole o che Cuperlo sia impegnato a rileggere sotto qualche albero i sacri testi di Antonio Gramsci. Così come è probabile che Bersani si stia aggirando con nostalgia tra i tendoni della Festa dell’Unità e che Rosy Bindi, tanto per citare una ex Dc posta da sempre a sinistra di ogni sinistra, stia leggendo gli atti del processo palermitano sulla trattativa per non rimanere troppo spiazzata dal caso del suo vecchio amico di corrente Nicola Mancino.

Tutto può essere. Tranne, però, che i Civati, i Cuperlo, i Bersani, le Rosy Bindi e, se vogliamo, l’intero e sterminato esercito che in nome dei sacri principi della sinistra cattocomunista ha fatto il bello e il cattivo tempo in Italia, tornino a essere un soggetto politico protagonista sulla scena politica nazionale.

Il fenomeno è singolare, perché la sinistra è totalmente scomparsa ma quelli che l’avevano rappresentata fino a pochi mesi fa sono vivi, vegeti e impegnatissimi a curare le faccende personali. D’Alema produce vino, Veltroni scrive e l’intera generazione dei sessantenni che ha cogestito il Paese negli ultimi vent’anni pensa ai cavoli propri piuttosto che ai vecchi ideali.

Qualcuno ritiene che questa fuga nel privato della sinistra tradizionale sia solo una mossa tattica diretta a far passare senza troppi traumi la piena renziana in attesa di ritornare in pista a uragano concluso. Ma questo è un disegno che non tiene conto della velocità dei processi politici attuali e del fatto che il giorno in cui il ciclone Renzi si dovesse esaurire, le condizioni politiche sarebbero talmente diverse da quelle attuali da rendere impossibile il ritorno dei mohicani rossi.

C’è da credere, allora, che la sinistra tradizionale non si sia nascosta ma, più semplicemente e brutalmente, si sia esaurita perdendo anche l’ultima stilla della propria capacità propulsiva. Ciò non è affatto un male per chi ha sempre considerato quella sinistra la causa principale degli enormi ritardi del Paese nel processo di modernizzazione e di innovazione. Ma è una vera e propria tragedia, se si considera che la scomparsa improvvisa di una forza politica così estesa e ingombrante ha lasciato un vuoto che viene riempito da una pletora di dilettanti privi di un qualsiasi retroterra culturale e di una qualsiasi preparazione politica.

Chi ironizza sulla pretesa di Matteo Renzi di essere il Fregoli dell’attività di Governo indossando di volta in volta i panni di ministro degli Esteri, della Giustizia o della Riforma burocratica non tiene conto che l’eccesso di protagonismo del premier è frutto di una necessità. Quella di dare un qualche peso ai fantasmi e di supplire all’assenza di un partito che ha perso la sua classe dirigente e non sa come sostituirla.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:28