La delusione al potere

La montagna non si è limitata a partorire un topolino ma ha fatto peggio. Ha fornito la dimostrazione lampante della totale inadeguatezza del Governo in carica. Non ci si può limitare a rilevare che l’ipotesi di riformare in un colpo solo giustizia, scuola ed economia fosse del tutto irrealizzabile. E che, nell’impossibilità di compiere un’opera così titanica, il Governo abbia scelto la strada della prudenza e dei piccoli passi partendo dal solo decreto sulla giustizia civile.

Se ci si ferma a questa considerazione si compie una operazione di mistificazione e di disonestà intellettuale. Per restare con la coscienza a posto bisogna anche affermare con forza che un Governo che promette la luna e poi riesce al massimo a garantire un viaggio fino al bar sotto casa non solo non è credibile ma è un esecutivo inadeguato rispetto alla gravità della crisi in corso.

L’inadeguatezza, in tempi così drammatici, non è un peccato veniale. Da assolvere con la richiesta di tre “padre, ave e gloria” e con la promessa che presto o tardi si passerà dalle parole ai fatti senza false promesse e senza buoni propositi inconcludenti. L’inadeguatezza è un peccato mortale. Nel senso non religioso ma letterale del termine. Perché non essere all’altezza della situazione in una fase di stabilità economica e sociale produce danni limitati. Ma non essere all’altezza di affrontare i problemi che si hanno di fronte in una fase segnata dall’incubo del fallimento, produce inevitabilmente la spinta decisiva verso il precipizio.

Non si può annunciare trionfalmente una riforma della scuola caratterizzata dalla stabilizzazione di centomila precari per poi lasciar trapelare che non essendoci le risorse per compiere una operazione di questa dimensione la riforma è rinviata a data da destinarsi. Non si può comunicare con enfasi che la guerra dei vent’anni sulla giustizia è conclusa e che il momento della giustizia giusta è arrivato e poi ammettere che la guerra ancora in corso permette appena di varare un provvedimento sulla giustizia civile addirittura ridicolo, se rapportato alla dimensione abnorme della questione sul tappeto.

Non si può, infine, promettere di salvare l’Italia con una serie di provvedimenti destinati a far ripartire la produzione e a far ridurre l’occupazione per poi limitarsi a far sapere che in assenza di coperture finanziarie adeguate si lasciano in piedi gli annunci e si rinviano a tempi migliori le misure concrete.

Fino ad ora l’inadeguatezza lampante e pericolosa di questo Esecutivo è stata scaricata di volta in volta sui singoli ministri sottolineando come questa caratteristica appaia in tutta evidenza, se misurata sulla presunta superiore capacità politica del premier.

Se il Consiglio dei ministri in cui si sarebbero dovute creare le condizioni per l’uscita dalla crisi si risolve in un flop operativo, mal nascosto dalla solita cortina fumogena di rutilanti sciocchezze, l’inadeguatezza non può essere più scaricata su Giannini e Madia o su Orlando, Alfano, Padoan e compagnia poco bella ma deve investire il responsabile principale dell’intera baracca governativa. Cioè Matteo Renzi. Che se è all'altezza dei suoi compiti deve liberare l’Esecutivo dai ministri inadeguati, ma se non riesce a farlo deve liberare Palazzo Chigi della sua presenza per dare al Paese la possibilità di avere un Governo adeguato. O per via parlamentare o attraverso nuove elezioni.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 16:51