Il grande fiasco   degli “ottanta euro”

Dunque, anche l’Istat ha certificato il flop dei famosi 80 euro. Registrando in giugno l’ennesimo collasso dei consumi, con tutta una serie di indici di fiducia in caduta libera, l’Istituto centrale di statistica ha confermato ciò che molti pensavano dall’inizio: l’operazione mancia elettorale messa in piedi da Renzi non ha funzionato.

Non ha funzionato, in primo luogo, perché in realtà non si è trattata di una effettiva riduzione della pressione fiscale, come la nostra piccola riserva indiana liberale continua a invocare da anni, bensì solo dell’ennesima, fallimentare manovra redistributiva. Una manovra redistributiva nella solita salsa keynesiana che non ha spostato di una virgola il problema di fondo di un sistema sempre più affetto da un eccesso di Stato, di spesa pubblica e, conseguentemente, di tasse. Altro che cambiamento, quindi.

L’intera faccenda ha seguito i più triti dettami della vecchia politica la quale, come disse argutamente George Bernard Shaw, “ruba a Peter per pagare Paul, onde ottenerne l’appoggio.” In questo caso a essere stati derubati tributariamente sono stati i biechi “capitalisti” del risparmio mobiliare e immobiliare, a tutto vantaggio di una nutrita platea di potenziali elettori democratici.

Eppure con la regina delle imposte indirette, l’Iva, che ha raggiunto in poco tempo un livello insopportabile, non bisognava essere un novello von Hayek per comprendere con chiarezza dove sarebbe stato necessario operare un primo e significativo taglio alle tasse.

Ma l’idea del bonus, ovvero di una regalìa che per definizione è più facilmente suscettibile a improvvise revoche, ha rappresentato una attrattiva irresistibile per il giovane cacciatore di voti di Palazzo Chigi. La prospettiva di legare al proprio carro personale una massa di circa dieci milioni di clienti riconoscenti ha fatto gioco su qualunque altro ragionamento. E in effetti, da come sono andate le elezioni europee, lì per lì la cosa sembra aver funzionato alla grande.

Ora però, svanito l’effetto di questo grande illusionismo renziano, non credo che un Paese sempre più in brache di tela sarà disposto a rinnovare la medesima fiducia al cantastorie toscano.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:20