Giustizia: riformicchia   buona per ogni uso

Che cosa farà il ministro della Giustizia, Andrea Orlando? Inseguirà l’Associazione Nazionale dei Magistrati, la mission è tentare di rabbonire le toghe, che sarebbero deluse e preoccupate sulle riforme annunciate e che chissà se e come, ma anche quando, andranno in porto.

L’obiettivo del ministro Orlando è scongiurare una rottura con i magistrati, che sembra la preoccupazione costante di chi siede a via Arenula. Ma cosa paventano i magistrati associati dell’Anm? Lo dice Rodolfo Sabelli, il presidente: “Si rischia di aumentare a dismisura i ricorsi, anche strumentali, contro i magistrati”. Fosse mai che un magistrato possa essere chiamato a rispondere del suo operato come un qualsiasi professionista, un medico o un architetto, per dire. Finora è stata una pacchia: in quasi trent’anni di legge Vassalli sulla responsabilità civile, quanti magistrati sono stati chiamati a rispondere dei loro doli o colpe gravi? Quattro! La dice lunga su come funziona (o meglio, non funziona) questa legge, la dice lunga su come funziona (o meglio, non funziona) il Consiglio Superiore della Magistratura. E come funzionino (o meglio, non funzionino) le cose lo comprende un lettore attento dei giornali: che riportano ogni settimana almeno uno o due casi di cittadini accusati di crimini gravi, tenuti in carcere per giorni e settimane, e poi, quando va bene, con una pacca sulle spalle scagionati.

Per dire: il ministro Orlando, tra un “inseguimento” e l’altro, gli venisse la voglia e la curiosità di spiegare come sia potuta accadere quella mostruosità delle presunte sevizie sessuali nell’asilo di Rignano Flaminio? E volesse provare il presidente Sabelli, a spiegarcelo? E, naturalmente il Csm, visto che chi era titolare di quell’inchiesta finita alle ortiche, è pure stato promosso? Di casi come questo se ne potrebbero citare centinaia, finiti come bolle di sapone; nessuno ha pagato, nessuno ha chiesto scusa.

Ora può essere pure che chi scrive sia affetto da congenita, radicata, pregiudizievole diffidenza nei confronti dei magistrati. Non si ha alcuna difficoltà ad ammettere che non sono molte le toghe conosciute in più o meno quarant’anni di mestiere giornalistico, di cui ci si fida, e di tantissimi invece si diffida. Con molta amarezza, chi scrive, trova ottimo il consiglio di Benedetto Croce contenuto in una lettera a Giovanni Amendola a proposito di una disavventura giudiziaria capitata a Giuseppe Prezzolini, il consiglio era di stare quanto più possibile lontano dai tribunali e (pensate!) la data della lettera è del 1 giugno 1911!

Come da allora sia mutato poco, e quel poco non in meglio ognuno lo sa e lo vede. La conferma della strumentalità di certe affermazioni, di certe prese di posizione, le resistenze anche alle pur minime riforme che chiamare riforme è tanto, troppo, ci viene dal procuratore aggiunto della procura di Venezia, Carlo Nordio, di cui ricordiamo alcuni libri come “Giustizia”, “Emergenza giustizia” e “In attesa di giustizia” (con Giuliano Pisapia), la cui lettura si raccomanda al ministro della Giustizia (che potrebbe sfogliare utilmente anche il “Crainquebille” di Anatole France, da Nordio tradotto e commentato).

Cosa dice Nordio, intervistato dal Corriere della Sera? “Se si pensa di sanzionare un magistrato con una pena pecuniaria, si sbaglia… così incrementeranno soltanto i premi delle assicurazioni. Tutti noi giudici siamo assicurati e paghiamo anche tanto queste assicurazioni. Ecco perché la pena pecuniaria non è un deterrente per i nostri errori… meglio sanzionare in termini di carriera. È molto semplice. Anche con la sospensione dal servizio. Oppure, nei casi più gravi, arrivando alla destituzione. Questa sì che funzionerebbe come deterrente”.

Per inciso: Nordio fornisce un esempio rivelatore di come questo Governo sia composto da Paperoga che fanno e improvvisano, il beau geste che vorrebbe meravigliare e, invece, ti fa scuotere la testa preoccupati: “Nella riforma della Pubblica Amministrazione c’è una parte che riguarda la giustizia in maniera importante e secondo me non se ne sono nemmeno accorti di cosa stanno approvando: lì dove si dice che i giudici andranno in pensione a 70 anni invece che a 75. In un solo colpo decapitano almeno 550 posti apicali di giudici presidenti di tribunali, giudici di Cassazione, di Corti d’Appello, procuratori capi… Significa la paralisi del Consiglio Superiore della Magistratura: in media ci mette sei mesi a nominare un procuratore capo di posti come Roma o Palermo. Come faranno a nominarne 550 tutti insieme? Sarà un effetto tsunami”.

Questa la situazione, questi i fatti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:20