Politica estera, ora ripartire da Berlusconi

venerdì 5 settembre 2014


Mentre al Festival di Venezia si consumano gli ultimi sussulti fuori tempo dell’antiberlusconismo militante, una parte delle vicende politiche mondiali sembrano fatte apposta per imporre una seria rivalutazione in vita dell’azione di politica estera realizzata dall’ex premier durante la sua permanenza alla guida del governo italiano.

Nessuno osa dirlo apertamente. Perché politicamente scorretto. Ma se oggi si vuole affrontare concretamente il dossier Libia strettamente connesso al dossier immigrazione, si deve necessariamente partire dagli accordi realizzati da Berlusconi con Gheddafi per il contenimento dei flussi emigratori dall’Africa all’Europa. Quegli accordi non erano il frutto di un improvviso invaghimento dell’allora Presidente del Consiglio per il dittatore libico, ma la conseguenza terminale di una trentennale politica di difesa della stabilità politica libica sviluppata senza interruzioni di sorta da tutti i governi italiani, di destra o di sinistra che fossero succedutisi negli anni. Si trattava di una politica, che da Andreotti a Spadolini, da Craxi a Prodi, da Dini a D’Alema era arrivata fino a Berlusconi e non si basava solo sul realismo politico imposto dalla collocazione geografica del nostro Paese, ma dall’immutabile stella polare dell’interesse nazionale.

Un interesse che, malgrado le resistenze di Berlusconi contro cui era in atto da mesi una micidiale offensiva economica e politica internazionale sostenuta dalle “quinte colonne” dei poteri forti italiani, venne calpestato dalla guerra imposta da Sarkozy, Obama e Cameron. Le conseguenze di quella guerra scellerata, fatta in nome degli interessi personali del presidente francese e della insipienza politica di quello americano, sono state devastanti. E oggi, per affrontare congiuntamente il caso Libia ed il caso immigrazione, si deve obbligatoriamente partire dalla rivalutazione della politica estera berlusconiana (che poi è stata quella secolare del nostro Paese) e ritornare a fissare l’interesse nazionale (e non quello ormai inesistente della Francia o quello ancora confuso e contraddittorio degli Stati Uniti) come stella polare della politica estera italiana. Il ché significa programmare una maggiore pressione e presenza italiana in Libia tesa a favorire l’avvento di un Governo solido ed in grado di assicurare la stabilità democratica del Paese. Anche prevedendo un qualche supporto di tipo militare a chi fosse in grado di porre fine al caos tribale.

La stessa linea va seguita nella crisi ucraina. Che non può essere affrontata seguendo lo schema dei tempi della guerra fredda fondato sulla divisione netta tra l’Occidente democratico e l’impero del male orientale. Ma va impostata prevedendo per il nostro Paese lo stesso ruolo che svolse con grande efficacia in occasione del Vertice Nato-Russia svoltosi nel 2002 a Pratica di Mare in cui, grazie alla mediazione di Berlusconi, Bush e Putin stabilirono le basi di una intesa fondata sulla comune preoccupazione nei confronti del terrorismo internazionale.

Anche oggi, come allora, il pericolo del terrorismo incombe sul pianeta. E rappresenta una emergenza che impone di trovare una soluzione politica e non militare della crisi ucraina e che può favorire una nuova intesa globale tra Nato e Russia, tra Occidente ed Oriente. Anche in questo caso la stella polare della politica estera italiana non può essere che l’interesse nazionale. Che coincide non con la nascita di una nuova cortina di ferro spostata di qualche migliaio di chilometri ad Est, ma con una pace giusta e duratura fondata sul necessario compromesso tra le certezze dei confini e l’autonomia delle popolazioni.

Una pace per cui l’Italia, che non persegue obiettivi egemonici o territoriali ma punta solo a portare avanti la sua storica vocazione mercantile e turistica, può e deve svolgere un’attiva ed importante funzione di promozione. L’obiettivo, in sostanza, è di tornare allo spirito di Pratica di Mare. Quello promosso da Silvio Berlusconi. Che non è più a Palazzo Chigi ma che può sicuramente contribuire a risollevarlo!


di Arturo Diaconale