Il Dreyfus per Pannella   eletto senatore a vita

Può sembrare singolare chiedere al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano di effettuare la nomina di un senatore a vita in sostituzione dello scomparso Claudio Abbado. Il Senato ha approvato una riforma della Costituzione che prevede, oltre all’abolizione del bicameralismo perfetto e della trasformazione dell’Assemblea di Palazzo Madama in una camera non elettiva in cui siano rappresentante le autonomie locali, anche l’abolizione dei senatori a vita. E, quindi, potrebbe apparire inutile e paradossale che al Capo dello Stato venisse chiesto di assumere un’iniziativa che di fatto potrebbe suonare come una sorte di sconfessione delle decisioni assunte dal Parlamento.

Ma, a parte la considerazione che la riforma costituzionale in questione è stata avviata ma è ancora ben lontana dalla sua conclusione, esiste una ragione che giustifica in pieno la richiesta a Giorgio Napolitano di applicare la norma costituzionale non ancora abrogata e di nominare un nuovo senatore a vita al posto del compianto maestro Claudio Abbado.

Questa ragione è un elementare senso di giustizia. È giusto e profondamente morale che ad essere chiamato a far parte di un’istituzione da cui è passata la storia del secondo dopoguerra del nostro Paese sia uno dei protagonisti principali di questa storia. La richiesta al Presidente della Repubblica di nominare Marco Pannella senatore a vita avanzata dal Tribunale Dreyfus è fondata su questa considerazione. In un paese serio e democratico le istituzioni possono e debbono essere modificate ed adeguate alle esigenze dei tempi. Ma se si vuole che le nuove siano autorevoli il cambiamento va effettuato nel rispetto della storia rappresentata da quelle precedenti. Nel caso del Senato Repubblicano una parte significativa di questa storia è sicuramente rappresentata da un personaggio come Pannella che, paradossalmente, non è mai stato senatore ma è uno dei grandi protagonisti della Repubblica italiana.

Il paradosso-Pannella è proprio questo. Il leader radicale, oltre che non essere mai stato eletto a Palazzo Madama non ha mai ricoperto cariche istituzionali se non quelle elettive di deputato ed europarlamentare. Eppure nessuno può negare che sia stato uno dei personaggi politici più significativi non della Prima o della Seconda Repubblica ma dell’intera storia del paese dagli anni ‘50 ai giorni d’oggi. E nessuno può mettere in dubbio che di questa storia non abbia mai rappresentato la parte oscura, inquinata, distorta, quella da rimuovere e nascondere per semplice decenza, ma sempre e comunque una parte limpida, trasparente, sicuramente provocatoria ma proprio per questo profondamente onesta. Pannella, in altri termini, è una testimonianza dell’alta politica nella storia repubblicana, quella politica carica di moralità anche nelle scelte più contrastate che va portata ad esempio alle nuove generazioni proprio per metterle in guarda dalla politica dell’ipocrisia, dell’immoralità, del malaffare.

In questa luce la nomina a senatore a vita di Marco Pannella diventa un atto volto a riparare una condizione di sostanziale e profonda ingiustizia. Ma anche un atto di rispetto per le Istituzioni repubblicane e di esaltazione del loro ruolo agli occhi di una società che ha bisogno di modelli positivi da contrapporre ai troppi negativi in circolazione.

Nel riproporre al Capo dello Stato una richiesta già avanzata da più parti nei mesi passati non c’è alcun intento di promuovere una sorta di premio alla carriera. Magari motivato dall’età e dalle precarie condizioni del leader radicale. Non si farebbe onore a Pannella se si tirassero in ballo motivazioni sentimentali o, peggio, pietistiche.

La ragione, va ribadito, è di correggere un’ingiustizia che danneggia la storia e l’immagine del paese. Con Pannella senatore a vita si rispetta l’Italia repubblicana. E si difendono le sue istituzioni!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:25