Quell’anomalia del Pd siamese

La segreteria sarà pure unitaria ma ormai quando si parla di Partito Democratico s’intende un organismo siamese in cui figurano due soggetti diversi uniti solo da una sigla comune. Per convenzione ed abitudine si continua a citare il Pd. Ma ad essere realisti e concreti si dovrebbe riconoscere che c'è il Pd renziano e c’è il Pd antirenziano. Che il primo è quello del Nazareno con i componenti della giovane guardia del segretario e Presidente del Consiglio. E che il secondo è quello del Parlamento (Camera e Senato) formato dalla vecchia guardia dalemiana e bersaniana che ha la forza di condizionare pesantemente l’attività dei gruppi parlamentari e che ha alle spalle il sostegno dell’antico blocco sociale della sinistra guidato dalla Cgil e formato dalle caste privilegiate della burocrazia, della magistratura, dell’informazione, della cultura.

Il Partito Democratico Renziano è perfettamente consapevole che il Partito Democratico Antirenziano costituisce il suo avversario più pericoloso. Quando il premier gioca a fare il primo Mussolini del “noi tireremo dritto” e del “se avanzo seguitemi”, proclamando “io non arretrerò di un millimetro”, “ io non prendo ordini da nessuno” ed “io non ho paura”, non si rivolge ai grillini, ai berlusconiani più riottosi o all’Europa dell’austerità e dei “compiti a casa”.

Lancia messaggi ammonitori e minacciosi ai suoi compagni siamesi annunciando loro che non si lascerà frenare dalle loro resistenze. Galli della Loggia ha chiesto nei giorni scorsi a Renzi di indicare con nome e cognome quelli che a suo dire boicottano le riforme. Ma la sua è stata una domanda retorica. Tutti sanno che quando Renzi parla di “gufi” e di “avvoltoi” non si riferisce agli ospiti del Bioparco di Roma, ma a tutti quei deputati e senatori nominati in Parlamento dalla segreteria Bersani che gli mettono i bastoni tra le ruote ad ogni occasione propizia e che lo vorrebbero veder ruzzolare nella polvere nel minor tempo possibile.

L’anomalia dell’attuale legislatura è sicuramente l’esistenza dei due partiti democratici in uno. Certo, c’è anche l’anomalia di un Movimento Cinque Stelle sovrarappresentato in Parlamento che ha scelto di fare l’opposizione di sistema nella speranza che la crisi lo aiuti a far crollare il sistema stesso. E c’è l’ulteriore anomalia costituita da una frantumazione del centrodestra dovuta al calcolo sbagliato di chi aveva dato per tramontato l’astro berlusconiano e si era preoccupato di salire per tempo sul carro renziano.

Ma queste anomalie sono solo il contorno dell’anomalia maggiore costituita dall’esistenza del Pd siamese. Che di fatto costituisce l’ostacolo maggiore non solo ad una tranquilla navigazione governativa ma, come hanno dimostrato le tante votazioni a vuoto per la Corte Costituzionale e per il Consiglio Superiore della Magistratura, anche ad una proficua prosecuzione della legislatura. Questa considerazione rende concreta l’ipotesi di elezioni anticipate nella prossima primavera. Se Renzi vuole liberarsi di gufi e di avvoltoi non ha altro mezzo che far approvare entro dicembre la nuova legge elettorale e puntare ad abbinare il nuovo voto politico con quello regionale previsto per aprile o maggio.

A favorire questa ipotesi c’è una circostanza che molti sottovalutano ma che può incidere pesantemente. Se si votasse nel 2015 il Parlamento non farebbe in tempo ad approvare la riforma costituzionale del Senato. Gli uscenti o almeno una gran parte di essi, potrebbero essere riconfermati invece di uscire di scena per lasciare il posto ai sindaci ed ai consiglieri regionali. E se fosse anche questa una bella spinta per le elezioni anticipate?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:28