Napolitano e la faida della sinistra

Non c’è bisogno di prendersela con le tante fumate nere che hanno segnato le votazioni per i nuovi componenti della Consulta, per sostenere che in questo modo si screditano le massime istituzioni della Repubblica. Perché la Corte Costituzionale è già screditata di suo per anni ed anni di comportamenti ispirati al più scontato conformismo politicamente corretto dovuto alla costante maggioranza di simpatizzanti di sinistra dei suoi componenti.

L’argomento del discredito istituzionale non serve, dunque, per esorcizzare i pericoli che sarebbero corsi dalle istituzioni a causa delle votazioni a vuoto per Consulta e Csm. Serve, invece, denunciare il fenomeno politico che è stato alla radice delle fumate nere. Giorgio Napolitano ha sfiorato l’argomento parlando di “pretese settarie”. E non è andato oltre, in omaggio non tanto al suo ruolo di Presidente della Repubblica che deve tenersi al di sopra delle parti ma di ex dirigente della sinistra che conosce perfettamente il fenomeno in questione, ma tace per carità non di patria ma di partito.

Infatti, le pretese settarie a cui ha fatto riferimento Napolitano sono quelle delle componenti interne del Partito Democratico, che pretendono di continuare all’infinito la battaglia congressuale facendone pagare i costi all’intero Paese.

Il problema politico che ha provocato le fumate nere e che continuerà a provocare intralci, frenate e condizionamenti alla legislatura è, infatti, un problema tutto interno al Pd. I conti tra il segretario e il premier Matteo Renzi e quelli che lo avevano combattuto nel nome di Pier Luigi Bersani non si sono affatto conclusi, né con l’esito delle primarie, né con la nascita del Governo Renzi e neppure con la clamorosa vittoria del Pd a guida renziana alle ultime Europee. La partita è aperta ed è addirittura banale mettere in conto che andrà avanti senza soste di sorta fino alla scadenza della legislatura. Chiusa in qualche modo la vicenda della Consulta e del Csm, si aprirà inevitabilmente quella della riforma del lavoro. Per non parlare della riforma delle legge elettorale e di quella del Senato che rimangono il terreno privilegiato per lo svolgimento della guerra infinita tra le diverse componenti del Pd e dell’intera sinistra italiana.

Vittime designate di questa faida tutta interna all'area politica da cui Napolitano proviene sono, però, gli italiani. Renziani ed antirenziani si combattono in tutti i modi e tutte le maniere. Ma le conseguenze dello scontro sono a carico del resto del Paese. Che è di fatto paralizzato in attesa che la battaglia si concluda in qualche modo. È per questo motivo che Napolitano avrebbe dovuto e dovrebbe intervenire più efficacemente infischiandosene del luogo comune secondo cui l’inquilino del Quirinale deve restare estraneo alle beghe di corrente. Proprio perché la faida è di parte ed il capo dello Stato è l’ultimo e più autorevole rappresentante della storia della sinistra italiana, sarebbe stato necessario e continua ad essere tale una pressione più diretta ed esplicita di Napolitano contro le pretese settarie delle correnti del Pd.

In questa vicenda la responsabilità del Presidente della Repubblica è resa doppia proprio dalla sua storia. È l’uomo più rappresentativo della sinistra storica. E come tale e come capo dello Stato non può esimersi dall’intervenire per chiedere alla propria parte di smetterla di far pagare all’intero Paese i costi spaventosi dei suoi egoismi e delle sue beghe di potere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:25