La Guerra Santa e  le ragioni di Ratzinger

C’è un rapporto fra il terrificante spot on-line del Califfato e i silenzi indifferenti, i sonni dell’Occidente? E, fra queste indifferenze, mettiamoci, soprattutto, quella in riferimento al famoso discorso a Ratisbona di Papa Ratzinger rivolto all’Islam, sui temi “ideologici/filosofici” della ragione, della fede e della violenza, inascoltati dal politically correct di allora, e comunque archiviati, come lo furono le premonizioni della Fallaci? C’è, eccome se c’è, un simile rapporto. Basta risalirne la filosofia, l’ideologia.

Prendiamola alla lontana. Cominciando dalla televisione, dalle fiction; dovremmo andarci piano con le fiamme o, peggio ancora, con i venti di guerra. Parliamo di serie televisive, attenzione, non di realtà. Parliamo addirittura di una serie tv degli anni Ottanta, la famosa “Venti di guerra” con il leggendario Robert Mitchum che campeggiava sugli enormi poster Rete 4 di Mondadori.

Non finirono bene quei venti televisivi, portarono sfortuna al gruppo di Formenton-Mondadori, furono sconfitti e poi cooptati, dalle tivù di Berlusconi. Se si va alla guerra, bisogna anche saperla fare. E perché. Sia pure una guerra televisiva. E in quegli Ottanta il Cavaliere aveva il gusto, la strategia, il background, la filosofia e la ideologia per sbaragliare gli avversari di allora (Rusconi e Mondadori).

Abbiamo detto non a caso ideologia riferita al Cavaliere televisivo, perché in ogni tipo di guerra occorre di certo una strategia ma, a monte, è indispensabile l’ideologia o la filosofia, la ragion d’essere, il perché, the reason why, di una qualsiasi guerra in un determinato contesto storico. L’ideologia vincente di Berlusconi era la necessità storica della tivù privata nell’economia di mercato, capace di coniugare il nuovo e collegata alla pubblicità, ovvero sorretta da un tale cumulo di risorse da rendere vana ogni aggressione e perdente ogni concorrenza impreparata. Ecco perché persero i venti di guerra mondadoriani. Una sconfitta storica. Oggi, trent’anni dopo, i venti, pardon le fiamme di guerra non escono dai tubi catodici né spiccano sui poster per la strada. Sono fiamme dal vero, incendiano uomini e cose, soldati americani e impuri, sono spezzoni di tg, pezzi di film mescolati a documentari di morte, veri e propri trailer che il nemico dell’Occidente, il Califfato, ha posto on-line, spargendolo in Rete proprio come una pubblicità, un annuncio, un coming soon della guerra (vera) che vuole farci. Ma questo trailer, che qualitativamente non raggiunge nemmeno la punta dei piedi del più banale spot hollywoodiano, al quale, pure, si ispira, non è una propaganda diretta alla guerra santa, ancorché implicita in ogni gesto, in ogni liturgia dei noti tagliagole nerovestiti degli altri trailer di sgozzamenti. Fiamme di guerra è la speciale pubblicità di quello che intende fare il Califfato con un occhio di riguardo ad un pubblico speciale, come fosse un trailer da ridurre a poster nelle stanzette dei tanti giovani musulmani sparsi per l’Europa e ad essa ostili: al nostro continente, alla nostra civiltà, alla nostra religione, ai nostri stili di vita. Non riconciliati, non integrati.

Fiamme di guerra come il “Want you!” della coscrizione della guerra mondiale, per tanti ragazzotti musulmani, giovani disadattati cresciuti adorando le Sure fra gli impuri corrotti dal consumismo e dai costumi scollacciati delle ragazze. Il trailer, tuttavia, non è di oggi. I poster sono in giro da anni, insieme alla predicazione degli Imam. È visibile solo oggi perché la guerra santa, che avanza e distrugge curdi, cristiani, sunniti, decapita, sgozza, devasta, ha bisogno sempre più di una leva di coscritti quale abbiamo descritto per potere sferrare l’attacco finale, contro l’Occidente, dopo aver battuto e inglobato gli altri di cui sopra, ovvero le nazioni arabe, sciite, sunnite, alawite, che sembrano finalmente svegliarsi dallo stesso sonno in cui era precipitato Re “Tentenna” Obama. Ed eccoci al sonno, all’indifferenza, al voltarsi dall’altra parte che colpì il grande ragionamento ratzingeriano. Il vecchio Papa a Ratisbona aveva impostato il tema della ragione e della fede, della tolleranza, del rispetto della vita umana. Filosofia e ideologia, domande e risposte, non spot, slogan, pubblicità al “vogliamoci tutti bene”.

Domande ad un Islam sulla libertà religiosa, sulla tolleranza conseguente, sulla convivenza, sulla necessità di stabilire, come ha fatto nei secoli il cattolicesimo, un terreno comune fatto di ragione e di fede nel rispetto reciproco fra religione e Stato. Ratzinger chiedeva se l’Islam fosse pronto a rispondere a queste domande. L’Islam fece orecchie da mercante. L’Occidente fece di peggio: si voltò dall’altra parte, isolando il Papa. Eppure, è da lui, da Ratisbona che bisogna iniziare. Per capire e spegnere le fiamme di guerra occorrono analoghi punti fermi filosofico-ideologici che, in un ambito completamente diverso, vinsero i venti di guerra di celluloide. Oggi le fiamme sono vere, ma i principi restano.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:21