La Corte Europea e   la democrazia distorta

Ora Silvio Berlusconi può legittimamente sperare di potere essere riabilitato dalla Corte Europea. E può anche incominciare a prevedere di poter tornare ad essere il candidato leader della coalizione del centrodestra in caso di elezioni nella prossima primavera o alla scadenza della legislatura. Il mancato rigetto dei suoi ricorsi stabilito dal “Giudice di Berlino” trasferitosi per l’occasione a Strasburgo gli consente di tornare ad ipotizzare scenari che solo fino all’altro ieri sembravano totalmente improponibili.

Ma la novità proveniente dall’Europa non riguarda la sola persona del Cavaliere. Riguarda i milioni di italiani che lo hanno votato in continuazione a partire dal 1994. E, in ultima analisi, riguarda il funzionamento e la natura della democrazia italiana.

Berlusconi, infatti, non è un privato cittadino che si è rivolto alla Corte Europea per denunciare un sopruso di legge a suo danno. È il leader di uno schieramento politico che per vent’anni si è alternato alla guida del Paese con lo schieramento alternativo della sinistra e che è stato costretto a subire l’espulsione dal Parlamento ed il marchio d’infamia della non candidabilità politica non in seguito alla decisione dei suoi elettori di non votarlo più, ma in seguito ad un procedimento giudiziario anomalo conclusosi con una sentenza altrettanto anomala.

Il mancato rigetto dei ricorsi stabilito dai giudici europei non costituisce una sentenza di assoluzione preventiva in un quarto grado di giudizio che si deve ancora celebrare. Ma legittima comunque la domanda se i milioni di elettori di Berlusconi e del centrodestra siano stati defraudati dai loro elementari diritti politici dall’uso dell’arma giudiziaria per fini politici. Ed impone comunque di sollevare la questione se sia ancora una democrazia un sistema in cui la giustizia viene trasformata in strumento politico per espellere dalla vita pubblica non un singolo personaggio ma i dieci milioni di elettori che il personaggio rappresenta. Berlusconi, si sa, non può parlare di giustizia. E quindi non ha la possibilità di denunciare personalmente che l’ammissibilità dei suoi ricorsi in Europa sono la dimostrazione lampante di essere stato vittima di una persecuzione giudiziaria a fini esclusivamente politici. Gli esponenti del suo partito tacciono per evitare di esporre il Cavaliere (e anche loro stessi) a qualche altra forzatura mediatica, politica e giudiziaria. Il resto della classe politica fa finta di nulla come se fosse del tutto normale che un giudice effettivamente terzo come la Corte Europea riconosca l’eventualità che in Italia le regole della democrazia siano state calpestate da un uso distorto e strumentale della giustizia.

Ma gli elettori del centrodestra hanno tutto il diritto di non tacere. Non solo e non tanto per rivendicare il merito di aver denunciato per vent’anni di seguito il vulnus allo stato di diritto ed alla democrazia provocato dalla persecuzione giudiziaria ai danni del loro leader. Ma anche e forse soprattutto perché se non si pone ora e con forza il problema della correzione delle distorsioni del sistema democratico provocate da alcuni decenni di giustizialismo autoritario, non ci saranno occasioni altrettanto significative. E la democrazia continuerà ad essere profondamente e drammaticamente distorta nel nostro paese. Con conseguenze pesanti ed irreversibili non solo sul terreno della libertà e dei diritti dei cittadini, ma anche su quello dell’economia e della battaglia per uscire dalla crisi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:26