I primi “j’accuse” del Tribunale Dreyfus

I primi “controprocessi” del Tribunale Dreyfus riguardano i casi dei fucilieri di Marina, Girone e Latorre, accusati di aver ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati, e del leader de La Destra, Francesco Storace, accusato di vilipendio del capo dello Stato.

Da domani mattina e per tre sessioni di seguito (a quella del 3 ottobre seguiranno quelle del 13 e del 23 dello stesso mese) i due diversi collegi dell’Alta Corte presieduta dal professor Federico Tedeschini ascolteranno le testimonianze più significative della vicenda dei due marò, da due anni e mezzo sottoposti ad una giustizia indiana volutamente inattiva, e del reato d’opinione contestato all’ex Governatore del Lazio sulla base di una norma che, a dispetto delle infinite infrazioni in atto che rimangono non perseguite, ha trovato una singolare applicazione ad personam.

Nel proporre all’Alta Corte, nella mia qualità di Presidente del Tribunale Dreyfus, di dedicare il primo ciclo di udienze a queste due vicende, mi sono riproposto di perseguire un duplice obiettivo. Non solo contribuire a favorire l’accertamento di una verità che nel caso dei due marò in attesa di un giudizio che subisce continui rinvii è ancora tutta da scoprire e valutare.

E che, nel caso di Storace, tocca il nervo scoperto del nuovo ed inedito ruolo politico svolto dal Presidente della Repubblica attuale e dai suoi immediati predecessori. Ma soprattutto lanciare un formale “j’accuse” contro due gravissimi fenomeni distorsivi dello stato di diritto fissato dalla Costituzione per il nostro Paese. Da un lato la responsabilità di governi incapaci di svolgere la loro funzione di difensori degli interessi nazionali e colpevoli di aver consentito la prolungata ed ingiusta detenzione in uno stato straniero di due suoi soldati impegnati a svolgere una missione internazionale.

Dall’altro l’applicazione di una norma nata per tutelare la sacralità della massima carica istituzionale disegnata appositamente al di sopra delle parti dai Padri Costituenti, ma diventata (e solo a scapito di Storace) strumento di tutela surrettizia per una Presidenza della Repubblica che si comporta di fatto come una delle parti in conflitto nel gioco della politica italiana.

Le udienze, a cui parteciperà nel ruolo di “persecutor” l’avvocato Valter Biscotti, si concluderanno con un giudizio di valore politico e morale emessa dai due collegi dell’Alta Corte. Non ci saranno condanne o assoluzioni. Ma solo delle valutazioni ponderate ed autorevoli su chi debba ricadere la responsabilità di aver non aver saputo tutelare, attraverso la vita e la libertà di Latorre e Girone, la sovranità e gli interessi reali del Paese. E su come, attraverso la denuncia di un reato d’opinione concepito in epoche ormai superate, si possa e si debba sollevare il problema della trasformazione della democrazia italiana da parlamentare a presidenziale avvenuta senza alcuna modifica formale della Carta Costituzionale.

Il Tribunale Dreyfus, in altri termini, attraverso la formula del “controprocesso”, punta a denunciare carenze e disfunzioni che non producono effetti negativi solo su chi ne subisce le conseguenze dirette, ma che si ripercuotono in maniera pensante ed inquietante sull'intera società italiana. Girone e Latorre rappresentano tutti gli italiani che obbediscono allo stato ricevendone in cambio afflizioni e sacrifici. E lo stesso vale per Storace che rischia il carcere per una legge ingiusta aggravata dalle mutate condizioni di chi dovrebbe tutelare.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:21