I “buonisti” e l’utopico   dialogo con l’Isis

Nello scenario apocalittico a cui il fondamentalismo islamico ci ha introdotti, non senza gravi responsabilità dell’Occidente, ne sentiamo dire di tutti i colori. Alcune asserzioni sono da brividi. Tuttavia, hanno una logica e tocca a noi scoprire quale sia.

Quando il deputato pentastellato Alessandro Di Battista sosteneva che con gli jihadisti si sarebbe dovuto usare il metro della comprensione si è pensato a un colpo di sole per spiegare il “vaneggiamento” di un fantasioso prestato alla politica. Bisognava, invece, capire che dietro quelle improvvide uscite vi fosse dell’altro. Di recente l’antropologa Anna Maria Cossiga, “la bolscevica”, come affettuosamente l’appellava suo padre, il compianto presidente Francesco, dalle pagine di Limes, la rivista-salotto-buono della politica estera della sinistra chic, ha detto la stessa cosa. Lo ha fatto usando argomentazioni alcune delle quali anche condivisibili. Approfondendo i motivi addotti dalla professoressa Cossiga in favore del dialogo con i terroristi dello Stato Islamico, ci permettiamo di osservare che si possono trarre conclusioni diametralmente opposte a quelle a cui è giunta lei. Non vogliamo mancarle di rispetto cedendo al dileggio inelegante. Anzi, diciamo subito che ci guarderemmo bene da spedirla a Raqqa a trattare con i tagliagole, come invece lei si è proposta di fare (beata accademica ingenuità!).

Si può essere in dissenso, anche radicale, con le sue idee ma non si può, da persone civili, augurarle di avere a che fare con esseri tanto brutali. Ha ragione quando accusa l’Occidente di doppiopesismo per avere coltivato rapporti stretti con altri regimi del mondo arabo che applicano le stesse leggi cruente a cui si ispirano gli jihadisti. È il caso dell’Arabia Saudita. Non c’è da stupirsi. I fondamentalisti dell’Isis e lo Stato dell’Arabia Saudita riconoscono la medesima fede musulmana sunnita declinata nella variante interpretativa del wahabismo. Se fossimo più attenti alla difesa della nostra civiltà dovremmo chiedere ai partner mediorientali maggiori garanzie dal punto di vista del rispetto dei diritti umani.

Invece, per tutelare i rapporti economici, siamo portati a guardare altrove. Anna Maria Cossiga ha mille volte ragione quando osserva che se proprio si vuole combattere l’Isis lo si faccia con le truppe di terra in una guerra vera e non ci si limiti a condurre “operazioni affidate a soldati male armati e ad “alleati piuttosto titubanti”. E pensiamo che sia anche molto suggestiva la lettura che lei propone della diversità, interpretandola attraverso le parole di un grande maestro dell’etnologia qual è stato Ernesto De Martino. “Quel fondo universalmente umano in cui il proprio e l'alieno sono sorpresi come due possibilità di essere uomo” è certamente la base di un possibile dialogo tra civiltà che si incontrano e si mettono a nudo per conoscersi di là da ogni pregiudizio morale, religioso, politico o economico. A patto però che vi sia in ciascun interlocutore onestà d’intenti nel dichiararsi disponibile all’ascolto delle ragioni dell’altro. Il dialogo per essere tale deve prevedere necessariamente reciprocità.

Ora, viene da chiedere alla pur generosa Cossiga: le sembra che i combattenti dell’Isis abbiano voglia di dialogare? Non pensa piuttosto che i militanti del califfato abbiano in testa un piano di conquista molto ben delineato e in questo piano l’Occidente, nel suo complesso, non sia contemplato come interlocutore? Sbaglia la professoressa Cossiga quando assertivamente attribuisce agli integralisti la consapevolezza di doversi adattare a vivere in questo mondo. È vero il contrario. Gli jihadisti negano questo mondo e si battono per crearne un altro a loro immagine. È legittimo che lo pensino e, per quanto sia sconvolgente ammetterlo, è nel loro diritto provare a realizzarlo anche con i metodi più feroci. Ma è altrettanto fondato il nostro diritto a difenderci, impedendoglielo. Anzi sarebbe il momento di iniziare a farlo seriamente. Per quanto ci riguarda siamo fermamente convinti che l’Isis sia un pericolo reale per la nostra civiltà. Pertanto va colpito senza alcuna incertezza, con tutti i mezzi disponibili. Altro che dialogo e marce per la pace.

Qui non c’è pensiero arcobaleno che tenga. Stiamo alle parole della professoressa Cossiga: i terroristi dell’Isis “… tagliano teste, lapidano donne, frustano chi beve vino, tagliano le mani ai ladri e fustigano gli omosessuali“.

Lo fanno in nome di una legge che non è la nostra. La loro voce è quella della violenza cieca. Anna Maria Cossiga vuole che si tenti il dialogo. Facciamolo pure. Giacché l’unico linguaggio che i jihadisti conoscono è quello del ferro e del fuoco, accontentiamoli. Ferro e fuoco è ciò che avranno.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:28