“Amor vincit omnia”,   con il selfie e non solo

Bisogna riandare ai grandi della letteratura contemporanea, ai cantori dello spirito puro, delle avventure dei sensi e dei sentimenti nell’aura celeste dell’amore, per sciogliere i nodi terreni e politici che imprigionano l’uomo, l’homo politicus, soprattutto lui.

Ebbene, che c’è di più balsamico all’animo del pensiero del grande scrittore Henry Miller: “L’unica cosa che non si dà mai abbastanza e non si riceva mai abbastanza è l’amore”? È dunque l’amore che muove il sole e le altre stelle, le star della terra, della televisione e della politica. “Eppur si muove”, disse Galileo. Eppure si è mosso il Cavaliere con quel passo del cavallo che lo toglie dagli impicci ogni volta che ci si ficca da solo, e rieccolo smagliante e ridente, circondato dal gruppo di mischia di Forza Italia e da quello delle retrovie - queste più perplesse, “et pour cause” - a rompere l’assedio sui diritti civili, ius soli, gay, eterologa.

Mentre il generale Angelino Alfano incautamente inoltratosi su quel terreno scivoloso, ripiega in rotta, leccandosi le ferite di un’uscita tanto irriflessa quanto spregiudicatamente “integralista” da stupire il dottor sottile della compagnia Nuovo Centrodestra, quel Fabrizio Cicchitto che già scuoteva il capo sentendo nell’aria l’acre sapore del fanfanismo di ritorno. Che è lo spirito maligno dell’incaponirsi su un principio (per Amintore Fanfani anni Settanta il divorzio/aborto, per Alfano i diritti civili conculcati via circolare prefettizia) destinato ad essere già accolto e metabolizzato dalla società, compresa, in gran parte, quella di Papa Francesco. Ma il quadretto sorridente del Cavaliere offertoci l’altra sera in tivù, quasi a seguire, in un “be continued” interrotto solo dal break pubblicitario, la magistrale sequenza duettante sul biscione fra la Barbara D’Urso e Matteo Renzi che certamente un minimo di rosicamento avrà pur indotto negli invidiosi. Ma non è solo o non solo la televisione, sia della flessibile nel sorriso Barbara sia, ancor prima, della ferrea di nervi Maria De Filippi, che sta facendo la differenza in questa eterna kermesse immaginifica della politica “up to date”.

È sopraggiunto l’aiuto della cavalleria nella battaglia quotidiana dell’apparire e si chiama selfie. Il selfie, croce e delizia di giovani donne e bambini e pure anziani, s’è di fatto insinuato fra le pieghe del linguaggio quotidiano, metabolizzandosi in una sorta di testimonianza, di richiesta e firma di autografo, di certificazione di comunanza di pensieri, di affetto. E di amore. L’amore che non si dà mai abbastanza né pure, a maggior ragione, si riceve, trova nel selfie la sua certificazione del dare e dell’avere, la versione elettronica del bacio in posa comune, non solo a due ma a tre, a tutti. In posa, certo, insieme, di sicuro, sempre più stretti “nell’estasi d’amor” come cantava la spagnola che “sa dir così la notte e il dì”. O come il Cavaliere che l’amore per la sua Francesca ha voluto illustrare e illuminare in quel selfie con i due e Vladimir Luxuria, come a voler dire, dopo anni e anni di integralismo antiorario, ci siamo anche noi che amiamo, anche noi che siamo felici, che rispettiamo i diritti dell’amore, e delle famiglie, di tutte. Un selfie d’amore e di forza. Come cantava Jannacci? La forza dell’amore, la forza dell’amore...

Intendiamoci, selfie tv non bastano mai a riempire di leggi e di pandette e servirà sempre qualche bollino di qualche “ragioneria” della correttezza politica per farne l’utilizzatore finale, che resta pur sempre il Parlamento. Ma una cosa è certa, dopo la svolta dell’amore e dei diritti civili impressa l’altro giorno dalla soave coppia di Arcore: la strada è questa e solo questa, con un cartello che ne indica il senso unico e, pure, la zona C riservata nella quale l’ingresso è solo a pagamento politico. Soprattutto per Alfano che s’era spinto troppo avanti napoleonicamente ingannato da Kutuzov-Berlusconi ed ora si vede bruciare il terreno e pure i vascelli dietro le spalle. Imprudenza e faciloneria già intravista in quei comunicati stampa tipo “Palazzo Venezia comunica: arrestato l’assassino di Yara Gambirasio” Ah, che scivolone, che gaffe, che salto all’indietro che nemmeno Mario Scelba avrebbe promulgato, anzi. “Alfano Alfano, ridammi le mie legioni” sembra ora risuonare la voce del padrone, ma non più malinconica o rabbiosa, ché, anzi, l’amore l’ha raddolcita racchiudendola nella scatola dorata del selfie e delle pose tv da Palazzo Grazioli. E la cui eco si rifrange sulla corazza del Matteo Salvini, che soltanto sabato scorso aveva incendiato Milano con le chiamate alle tradizionali armi che ben conosciamo imponendosi, come la sua adorata Marine Le Pen, come leader unico di un centro destra allo sbando.

È bastato il giro di qualche giorno e gli slide dell’amor nostro con l’amor suo Francesca per contrastare quella marea. È bastato l’amore, la forza dell’amore per far capire che lui è tornato e lotta con noi, e che va pure bene qualche alleanza con la Lega locale, ma poi, al centro, ci pensa lui. Semmai, “l’entendence suivrà”. Perché, “amor vincit omnia”. O no?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:21