Il caso-Eternit che  raddoppia le vittime

Due volte vittime. Per aver verificato di non avere la possibilità di ottenere giustizia nei Tribunali. Per essere diventati strumento di una vergognosa strumentalizzazione da parte di chi vuole testardamente continuare a nascondere le carenze ed i difetti del sistema giudiziario italiano.

Le doppie vittime sono i parenti dei morti per Eternit, quanti sono destinati a perdere la vita per aver inalato le polveri d’amianto e tutti coloro che vivono negli oltre cinquecentomila siti non ancora bonificati dal tremendo materiale e che rischiano di ammalarsi nei prossimi anni. Sono vittime di chi li aveva illusi che avrebbero avuto una risposta alla loro richiesta di giustizia da un Codice Penale che non avrebbe potuto mai potuto soddisfare la sollecitazione con una sentenza di condanna. La prescrizione era segnata in partenza. E non perché il processo Eternit sia durato, come spessissimo avviene, troppo a lungo. O sia stato prolungato oltre ogni limite da qualche manovra dilatoria (accidente che avviene altrettanto spesso) dalla difesa dell’imputato. I tre gradi di giudizio si sono esauriti in quattro anni, un vero record di velocità per la giustizia italiana!

La prescrizione era un esito reso scontato dalle norme in vigore. Che per il disastro ambientale stabiliscono di far scattare i tempi della prescrizione dal momento in cui cessa, con la causa del disastro, la condotta criminale dell’imputato. Tutti sapevano, Procura in testa, che le fabbriche di Eternit erano state chiuse nel 1986 e che i quindici anni di prescrizione per il reato di danno ambientale si sarebbe prescritto nel 2001. Perché, allora, è stata assunta una iniziativa penale destinata ad illudere le vittime ed a finire in un vicolo cieco? Forse perché contestare ad Eternit direttamente le morti, linea oggi preannunciata dal procuratore Raffaele Guariniello, è molto più difficile da provare anche se azzera le conseguenze della prescrizione?

La risposta è che la questione Eternit non andava posta sul terreno giudiziario, dove non è possibile dare una soluzione, ma andava posta sul terreno sociale e politico. Le vittime dell’amianto vanno risarcite dallo Stato. Perché la responsabilità di chi ha permesso le fabbriche che nel tempo si sono rivelate letali per la salute pubblica è tutta di uno Stato che non ha saputo o voluto tutelare la salute dei cittadini e che oggi continua a non bonificare i cinquecentomila siti infetti.

Ma le vittime di Eternit subiscono ora anche una nuova offesa. Da chi approfitta della loro legittima rivendicazione di giustizia; una giustizia che non potendo essere soddisfatta penalmente andrebbe soddisfatta socialmente e politicamente, per rilanciare la proposta di allungare i tempi della prescrizione dei processi. Chi ripropone l’allungamento della prescrizione sull’onda dell’emozione suscitata dalla sentenza Eternit non ha altro obiettivo che continuare a nascondere lo stato disastroso in cui versa il sistema giudiziario italiano e perpetuare all’infinito i rapporti squilibrati che lo hanno trasformato negli anni in una fabbrica di giustizia ingiusta.

È probabile che Matteo Renzi, che si è subito allineato a chi ha sfruttato la sentenza Eternit per chiedere la revisione dell’istituto della prescrizione, non sappia neppure di cosa si stia parlando e si sia messo al vento solo per cavalcare l’onda nella chiave demagogica che lo contraddistingue. Ma gli altri propugnatori della prescrizione lunga sanno bene che l’allungamento servirebbe solo a dare eternità a processi che invece, per assicurare la giustizia, dovrebbero essere innanzitutto brevi. E sanno addirittura meglio che allungare la prescrizione significa nascondere le magagne del sistema e rinviare all’infinito una riforma vera (non quella del ministro Andrea Orlando) della giustizia italiana.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:27