Scontro tra titani  dell’illusionismo

Il dato politico più eclatante delle elezioni del 23 novembre è senz’altro rappresentato dalla scarsissima affluenza. Particolarmente significativo il 39 per cento della civile e sviluppata Emilia-Romagna, superata di ben 5 punti dalla Calabria, regione appartenente a quel Sud tradizionalmente più restìo del Nord a recarsi alle urne.

Ora, se dovesse confermarsi anche a livello parlamentare questa crescente tendenza a disertare il voto, si ingigantirebbe ulteriormente il paradosso di un Paese soverchiato da tasse, debiti e spesa pubblica politicamente sostenuto da minoranze di Governo sempre più esigue. Sarebbe infatti questa, ossia la protesta silenziosa di chi resta a casa, la vera antipolitica con cui i cantastorie del bene comune dovranno prima o poi fare i conti.

Nel frattempo registriamo, tra la ristretta platea dei votanti, il successo scontato del Partito Democratico renziano, favorito al massimo grado dalla mancanza di un’offerta politica in alternativa sufficientemente credibile, e quello della Lega di Matteo Salvini, partito anch’esso oramai quasi egemone nel centrodestra a causa della sostanziale evaporazione di Forza Italia. Dal mio punto di vista di incallito liberale, il dualismo politico che si sta delineando tra i due “Mattei” nazionali rappresenta quanto di più cialtronesco si possa immaginare, trattandosi di una coppia di personaggi i quali, ahinoi, basano tutto il loro appeal sulla proposizione di ricette illusionistiche. Tanto nell’ottimismo della volontà dell’attuale premier, quanto nella linea “botte piena con moglie ubriaca” del leader leghista non si riesce a scorgere uno straccio di solida concretezza. Ciò soprattutto in relazione alla drammatica condizione in cui versa l’economia italiana, devastata dal crescente interventismo di una politica cialtrona.

Sotto questo profilo si sente l’esigenza – ma oramai siamo nel mondo dei sogni – di un’alternativa moderata che punti ad una accettabile riduzione dei costi di quello che il mio amico Giannino chiama Stato ladro, dando fiato finalmente alle ragioni della cosiddetta produzione, facendo così retrocedere le tesi fallimentari dei demagoghi della redistribuzione. Demagoghi della redistribuzione la cui mamma è sempre incinta, al pari degli imbecilli, e che ormai sembrano gli unici ad attrarre consensi all’interno di una platea elettorale in caduta libera.

Tuttavia, allo stato attuale, né il berlusconismo morente né gli inesistenti alfaniani di governo – praticamente risucchiati, questi ultimi, nel gorgo del voto inutile – sembrano poter rappresentare un’opzione politica accettabile per contrastare il dilagante nullismo dei giovani leader del momento. Alternativa liberale cercasi.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:25