Semestre del mancato rottamatore europeo

Il semestre italiano di presidenza Ue si è concluso e la svolta promessa da Matteo Renzi non c’è stata. A Bruxelles ed in tutti i vertici europei il nostro Presidente del Consiglio ha sempre esibito tutto il suo campionario di annunci e di battute ma il risultato dei suoi abituali fuochi d’artificio è stato nullo. Non c’è stata svolta perché c’è stato il vuoto. Le parole si sono rivelate prive di contenuti. E se in Italia la capacità comunicativa di Renzi continua a fare effetto, tanto che spingere Giorgio Napolitano a sostenere che il vuoto a perdere non aveva alternativa, in Europa quella capacità non ha prodotto alcun risultato. Tranne quello di far scattare il vecchio stereotipo negativo degli italiani istrioni e poco affidabili.

I sostenitori del Premier sostengono che il semestre italiano di presidenza è stato segnato da condizioni particolari e che queste condizioni, dalle tensioni con la Russia al perdurare della crisi generale, hanno ingabbiato Renzi e non gli hanno permesso di compiere neppure mezzo dei miracoli promessi.

La giustificazione è valida ma solo in parte. Perché a volerle cercare si trovano sempre condizioni particolari a cui aggrapparsi per giustificare i fallimenti (è da anni ormai che la crisi condiziona pesantemente ogni semestre europeo). E soprattutto perché proprio la presenza di condizioni particolari provocate dalla crisi avrebbe dovuto spingere a sfruttare l’occasione offerta dalla presidenza per lanciare un segnale di effettivo cambiamento. Se Renzi avesse avuto coraggio, in sostanza, avrebbe potuto sfruttare le condizioni negative per farsi promotore dell’unica formula in grado di salvare l’Unione Europea e di uscire dalla crisi: quella della revisione dei trattati. Ma il Presidente del Consiglio che in Italia vuole rottamare a tutto spiano, in Europa si è mostrato un innovatore a parole ma un conservatore tradizionalista nei fatti. Ed il semestre è passato con un bilancio che oggi appare desolatamente fallimentare.

Chiedere la rottamazione dei trattati sarebbe stato troppo azzardato e probabilmente improponibile visto che ad impedirglielo sarebbero scattati non solo Angela Merkel ma anche l’europeista ortodosso Giorgio Napolitano? È probabile che sia così. Ma se l’impossibile era improponibile perché i padroni del vapore lo avrebbero impedito, esistevano margini per altre iniziative meno precluse e più attuabili. Quelle, ad esempio, che riguardavano alcune questioni più strettamente legate ai problemi ed alle vicende italiane. Sul tema dell’immigrazione, ad esempio, si sarebbe potuto ottenere qualcosa di più della semplice operazione di sostituzione di “Mare Nostrum” con “Triton”. Ma, soprattutto, si sarebbe potuto e dovuto trasformare la vicenda dei Marò da questione riguardante solo Italia ed India a questione internazionale riguardante, oltre che le Nazioni Unite, l’intera comunità europea ed il governo indiano. Anche in questo caso è scattato il timore di “disturbare i manovratori” che guidano nei fatti l’Unione Europea e sono diventati i custodi esclusivi e rigidi della sua ortodossia?

Il bilancio del semestre, dunque, è drammaticamente negativo. In fondo l’unico risultato effettivamente conseguito dal semestre di presidenza italiana della Ue è consistito nello slittamento a gennaio 2015 delle dimissioni di Giorgio Napolitano. Il ché ha consentito a Renzi di continuare a godere del sostegno del Quirinale ma non costituisce un trofeo da collocare nella bacheca del semestre italiano. Solo in quella renziana!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:26