Popolo disinteressato alle istituzioni future

venerdì 30 gennaio 2015


Il sistema politico italiano va alla cieca verso un futuro incerto e pericoloso. Pochi se ne accorgono. Perché? La legge elettorale e la riforma costituzionale, in combinato disposto, determinano un assetto delle istituzioni che dovrebbe allarmare i sinceri democratici non meno dei veri liberali. Invece accade che la grande stampa, le televisioni, la maggioranza dei partiti, i “poteri forti” plaudono o tacciono in merito a tale prospettiva. I sindacati, sempre pronti a mobilitarsi anche per cause extrasindacali, dormono.

Eppure è in ballo la sovranità del popolo, il fondamento della democrazia repubblicana, l’articolo 1 della Costituzione. La legge elettorale intorbida la fonte del potere. Ai cittadini, neppure ai più avveduti, interessa che rischiano di berne acqua avvelenata. La rappresentanza nazionale, ristretta alla sola Camera, sarà composta in modo preponderante da deputati nominati dai capi dell’oligarchia partitica anziché eletti mediante una genuina competizione elettorale. Una minoranza, forse neppure qualificata a sufficienza nel ballottaggio, riceverà in dono più della maggioranza assoluta dei deputati. Sostengono che il meccanismo è necessario ad assicurare la governabilità, cioè la stabilità del governo. Ma il governo, prima che stabile, dev’essere realmente rappresentativo. Lo è un governo che potrà governare con un 20 per cento dell’elettorato? Eppoi, la stabilità di governo è un valore se il governo vale. Se non vale, che valore è?

La democrazia ha questo di buono, che i governi cambiano in senso fisico, ma il governo come istituzione è stabile per principio. I governi stabili in senso fisico, se non eletti a cadenza regolare, si chiamano dittature. La democrazia si definisce appunto come l’ordinamento nel quale i cittadini depongono pacificamente i governi sgraditi.

Ma, se di fatto l’ordinamento legittima il governo, sebbene insediato da una minoranza, anche infima, a manovrare in modo da condizionare tutti i vertici dello Stato, dal Presidente della Repubblica alla Corte costituzionale, dal Consiglio superiore della magistratura alle Autorità indipendenti, e soprattutto a tenere in pugno il Parlamento come un auriga le briglie, c’è qualcuno disposto a credere che l’Italia sia davvero al riparo da ogni rischio d’involuzione democratica e di erosione della libertà?

A tal riguardo obiettano di non vedere all’orizzonte le ombre dell’autoritarismo. Ma costoro son ingenui e sprovveduti. Perciò la loro imprudenza è male. Confidano che nessun individuo e nessuna forza politica abuseranno del nuovo assetto costituzionale. Trascurano di considerare con la dovuta attenzione che le costituzioni sono come l’ombrello, che serve quando piove. La miscela del sistema elettorale con il monocameralismo elettivo e lo strapotere governativo (in realtà del presidente del Consiglio) non riesce a trattenere chi volesse approfittare della situazione. I governanti possono essere talvolta angeli, ma dobbiamo sempre considerarli diavoli, se vogliamo stare al sicuro. Gli Italiani sperano buone cose dal “renzusconismo”, ma il suo primo fondamentale passo è cattivo. Anzi, pessimo. Speranza mal riposta, quanto a questo, che però è la base di tutto il resto.


di Pietro Di Muccio de Quattro