Il Pd è pronto alla mozione pro-Palestina

Di porcata non c’è stata solo la vituperata legge elettorale varata nel 2005. In questi ultimi tempi, almeno da quando è la sinistra a scandire il passo dei governi, di porcate se ne sono viste parecchie. E, a breve, se ne sta preparando un’altra. Monumentale. Stavolta ai danni dello Stato d’Israele.

Il Partito Democratico è pronto a presentare in Parlamento una mozione con la quale l’Italia riconosce l’esistenza dello Stato sovrano e indipendente di Palestina. A dirla così sembrerebbe una bella cosa, ma non lo è. Per molte ragioni. In primo luogo, una decisione del genere, non preventivamente concordata con il governo di Gerusalemme, significherebbe rinnegare l’amicizia che ha legato finora la nostra Repubblica a quella israeliana. In secondo luogo, assecondare l’astuta strategia di Abu Mazen, che vorrebbe giungere a vincere la partita del riconoscimento dello Stato di Palestina senza passare per i patti negoziali con il governo di Gerusalemme, sarebbe darla vinta a coloro che non accreditano Israele come interlocutore infungibile del processo di pace nella regione mediorientale.

Ciò che gli italiani non sanno e che questa sinistra non vuole dire è che la dirigenza palestinese non ha proseguito nel negoziato bilaterale perché non aveva alcun mandato ad accettare il principio del diritto all’esistenza su suolo palestinese di un’entità statuale ebraica. Riconoscimento richiesto dagli israeliani come condizione propedeutica alla stipula del trattato definitivo. In terzo luogo, la mozione che s’intende proporre metterebbe ancora una volta di più l’Italia a ruota dei paesi membri della Ue che dirigono la musica. Germania, Francia e Gran Bretagna in testa. Che la loro ostilità nei riguardi dello Stato d’Israele fosse nota non lo scopriamo oggi.

Ma che l’Italia di Renzi dopo le tante genuflessioni si appresti anche a questa ulteriore abiura della nostra politica delle alleanze, non era nel conto. La questione è resa ancor più grave dal fatto che l’Autorità Nazionale Palestinese non ha chiarito il suo ambiguo rapporto con l’altra metà del cielo palestinese, quella rappresentata dalle milizie di Hamas le quali sono dichiaratamente per la distruzione fisica di Israele. A questo punto sorge un sospetto, vista la strana coincidenza temporale nella quale si colloca l’iniziativa del Pd. Non è che c’entri qualcosa la minaccia di qualche giorno fa lanciata da Hamas all’indirizzo dell’Italia?

Non è che il brusco invito di Hamas, inviato al nostro governo, a non azzardarsi a mettere piede in Libia, abbia contribuito ad aumentare la paura tra i nostri valorosi governanti? Forse, più banalmente, siamo alla solita “sindrome di Stoccolma” che affligge da tempo le classi dirigenti del nostro paese. Più ci minacciano e più ci piacciono. Eppure ciò che sta accadendo in questo ore in Medio Oriente e in Nord Africa dovrebbe indurre a più attente riflessioni sulla questione israelo-palestinese.

La pace non è un dogma da imporre dall’alto ma un processo da costruire dal basso, a partire dai giusti bisogni e dalle legittime aspirazioni delle parti in campo. La storia passata, fatta di lotte sanguinose e di accordi traditi, non può essere rimossa dai luoghi del confronto. Al contrario, essa costituisce parte integrante del processo di costruzione condiviso dei nuovi assetti territoriali. A patto che la si racconti tutta e con il massimo dell’onestà possibile. Invece, come al solito, si finirà per dare ragione a Napoleone Bonaparte nel dire che la storia è una favola su cui ci si è messi d’accordo. Ora però bisognerà vedere se tutto il Pd è pronto a raccontare la medesima favoletta, cucita a misura delle pulsioni antisemite che sopravvivono nel vecchio continente.

Per il momento sono iniziati i mal di pancia. Speriamo che continuino perché non è proprio il momento per una carognata del genere. Di certo non è il momento per un altro hashtag: Israele stai sereno.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:10