Il Governo Renzi: improvvisati al potere

martedì 3 marzo 2015


Sempre più il governo di Matteo Renzi si conferma come la realizzazione concreta del principio dell’improvvisazione al potere. Improvvisazione e non, come volevano i rivoluzionari mancati del ‘68, l’immaginazione. Un’improvvisazione che è mille volte peggio del governare all’insegna del piccolo cabotaggio, sull’esempio di quanto avveniva all’epoca dei governi democristiani della Prima Repubblica. Perché quel piccolo cabotaggio seguiva comunque una rotta precisa, quella di evitare sussulti particolari ad un Paese che, dopo la ricostruzione, cercava di consolidare in qualche modo il benessere conquistato dopo secoli di sacrifici e di stenti. Il governo Renzi, invece, non segue alcuna rotta oltre quella dell’annuncio quotidiano di mirabilie fasulle. Ed in questo modo si dimostra ogni giorno che passa un pericoloso improvvisatore che non sa dove andare, ma ci va di buona lena e con la grancassa in testa.

L’intervista di domenica del ministro Pier Carlo Padoan è la conferma più clamorosa che il germe dell’improvvisazione al potere, di cui è strutturalmente impestato il Presidente del Consiglio, ha infettato in maniera irreversibile anche un personaggio come il responsabile dell’Economia, da tutti considerato immune a questa malattia. Padoan ha usato un’intera paginata del Corriere “renziano” della Sera, cioè della voce cartacea del nuovo padrone della politica nazionale, per ribadire che il governo è formato da improvvisatori allo sbaraglio. Cioè da gente che ha riposto in un cassetto il lavoro sui tagli alla spesa pubblica di Cottarelli e non sa cosa farsene perché non ha una politica diretta a ridimensionare gli sprechi. Ha messo sul mercato Rai Way per fare cassa e tappare il buco dei 150 milioni provocato al servizio pubblico dal taglio di Renzi, ma non ha messo in conto che stare sul mercato significa accettarne le regole e, quindi, correre il rischio di ritrovarsi anche socio di Mediaset. Non sa come accidenti muoversi sulla questione della banda larga e delle liberalizzazioni, ma sa che per non sbagliare nel Paese degli eterni statalisti non bisogna mai derogare dalla regola che ciò che è pubblico è sempre pubblico e ciò che è privato è lo stesso pubblico a seconda del bisogno.

Per fortuna l’andamento dell’economia nazionale non dipende dal governo degli improvvisatori, ma dalla Bce di Mario Draghi, dal petrolio che continua ad avere un costo contenuto e da un euro che torna ad essere debole rispetto al dollaro e favorisce le esportazioni. Ma se dipendesse da Renzi e Padoan saremmo messi proprio male. E, come suggeriva Troisi, non ci resterebbe che piangere!


di Arturo Diaconale