Rai, la sciocchezza di Roberto Fico

mercoledì 4 marzo 2015


Forse non è molto elegante affermare che il grillino Roberto Fico, presidente della Commissione di Vigilanza del servizio pubblico radiotelevisivo, non capisce un fico. Ma equivale a dire che il buon Fico è un ingenuo privo di esperienza e ha il vantaggio di rendere perfettamente l’idea che si vuole esprimere. Cioè che il Presidente della Commissione di Vigilanza ha presentato una proposta di riforma della governance della Rai, che sarà pure ispirata da tante giuste e sacrosante intenzioni ma che porta direttamente a trasformare il servizio pubblico nel servizio esclusivo di chi si trova al governo.

Di giusto e di sacrosanto nel progetto Fico c’è l’intento di far saltare il meccanismo della lottizzazione. L’epoca della tripartizione della Rai tra democristiani, comunisti e socialisti e laici è finita da un pezzo. Quei partiti sono scomparsi ed i loro eredi stanno addirittura prendendo la caratteristica di partito. Ma se l’epoca della lottizzazione è finita, il principio del pluralismo sancito dalla Carta Costituzionale non è stato affatto abrogato. Come rispettare questo principio una volta stabilito che non spetta più alle forze parlamentari applicarlo?

Fico propone che i nuovi componenti del Consiglio di Amministrazione della Rai vengano scelti da una “cabina di regia” dell’Agcom destinata a vagliare senza discrezionalità alcuna i curricula degli aspiranti amministratori del servizio pubblico. Ma, se si nega al Parlamento di applicare il rispetto del pluralismo costituzionale, si mette automaticamente in discussione la stessa ragione di esistenza delle assemblee rappresentative e della democrazia parlamentare. E, molto più praticamente, se si attribuisce all’Agcom (o a qualsiasi altro organismo diverso dal Parlamento) il compito di scegliere il vertice del servizio pubblico, o si fissano regole affinché l’Agcom rispetti il pluralismo costituzionale oppure si consegna al Governo il potere assoluto su viale Mazzini ed invece di proiettare la Rai nel futuro si creano le condizioni per il ritorno all’Eiar, cioè alla voce del regime.

Nessun pretende che Fico si ponga il problema di come negare al Parlamento la competenza sul pluralismo o di sciogliere questo nodo apparentemente inestricabile. Per chi sogna la democrazia diretta della rete (ovviamente quella frequentata solo dai propri sostenitori) la questione non si pone neppure. Ma spiegare a Fico che la sua proposta sembra fatta apposta per regalare a Matteo Renzi la possibilità di fare della Rai la voce del proprio regime personale è un atto doveroso. La sua proposta, infatti, non è una figata. È una clamorosa sciocchezza!


di Arturo Diaconale