Tesoretto a chiacchiere

In un’intervista rilasciata a Marco Damilano per L’Espresso, il Premier Matteo Renzi ha annunciato per il 2015 un possibile tesoretto da spendere. Ciò, secondo il suo illuminato parere, deriverebbe dal differenziale positivo nella crescita tra le stime prudenti del governo e quelle più ottimistiche, bontà loro, degli altri osservatori.

Nel frattempo ci permettiamo di segnalare al volpino di Palazzo Chigi che pure nel 2014, in linea con la tradizione negativa degli ultimi 15 anni, il consuntivo sul Prodotto interno lordo si è attestato ben al di sotto rispetto a tutte le previsioni, con uno sconfortante meno 0,4 per cento. Un dato, quest’ultimo, che dimostra in maniera incontrovertibile che l’economia Italiana si trova in una condizione di asfissia cronica. Un’asfissia determinata da un sistema pubblico che grava come un macigno su chi produce, deprimendo con una tassazione sempre più feroce consumi e investimenti.

Per questo motivo, al di là della fuffa sparsa a piene mani da Renzi e dai suoi compagni di Governo, senza una sensibile riduzione dei costi complessivi dello Stato, che assorbe una percentuale di risorse incompatibile con qualsiasi tentativo di ripresa, il Paese è destinato a restare economicamente inchiodato ancora per molto tempo, tenuto artificialmente in vita dalla droga delle politiche espansive messe in atto dalla Banca centrale europea. Ma, ovviamente, a Renzi qualunque considerazione basata sui dati di realtà non interessa. Egli continua a raccontare la favola di una ripresa che è come l’Araba fenice: che vi sia ciascun renziano lo dice, ma dove sia nessun lo sa!

Battute mozartiane a parte, analogamente a chi lo ha preceduto, il cantastorie toscano nella stessa intervista rincara la dose di illusioni a buon mercato, dipingendo un Paese in rapida uscita dalla crisi: “I segnali positivi non bastano, ma se cancelliamo la paura possiamo farcela. Giusto per fare un esempio: i soldi risparmiati dagli italiani per paura dal 2012 ad oggi sono più del piano Juncker. Ci sono pezzi d’Italia che sono già ripartiti e che vanno più forte della Germania. Il debito pubblico è alto, ma la ricchezza privata è il doppio. Abbiamo un sistema pensionistico tra i più sostenibili e un sistema bancario molto solido, la nostra operazione sulle banche popolari lo rafforzerà ancora di più. A tutto questo vanno sommati i denari recuperati con il rientro dei capitali”.

La realtà è ben diversa, caro Matteo Renzi. La ricchezza contabile degli italiani serve a ben poco se l’economia nel suo complesso non genera un livello adeguato di ricchezza, massacrata da uno mano pubblica che assorbe risorse come se fosse un buco nero. Il nostro sistema pensionistico non è affatto tra i più sostenibili. In pensioni spendiamo molto più di qualunque altro partner europeo, tant’è che se lo Stato nello scorso anno non avesse versato 94 miliardi nelle casse dell’Inps, gravando sulla fiscalità generale, la pubblica previdenza sarebbe andata in bancarotta. Mentre la solidità delle banche, all’interno di un sistema che non cresce e che, in soldoni, stenta a generare capitali aggiuntivi, è una favola da raccontare ai bambini, al pari del chimerico tesoretto da propinare ai gonzi.

D’altro canto, se togliamo le favole cosa resta da dire al nostro giovane Presidente del Consiglio?

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:30