Matteo Renzi a Mosca, un passo importante

La decisione di Matteo Renzi di andare a Mosca dà ragione a ciò che da tempo sosteniamo: in mancanza di una vera politica comune europea gli interessi italiani possono essere difesi soltanto dagli italiani. Al netto dell’ammonimento di rito rivolto a Vladimir Putin sulla necessità di rispettare la sovranità dell’Ucraina, vi è stata sostanza nel faccia-a-faccia tra i due leader. Forse molta più di quanta i nostri cari alleati, Angela Merkel in testa, avrebbero gradito. Senza dubbio la mossa ci rimette in gioco sul piano internazionale. L’Italia è amica della Russia. Non soltanto per ragioni commerciali ma per profondi legami culturali e strategici. La Federazione russa, poi, è un player decisivo nello scacchiere mediterraneo.

Ma di cosa hanno discusso i due leader? Il punto principale toccato da Renzi ha riguardato la questione libica. L’Italia vive sulla propria pelle la crisi del paese nord africano che deve essere risolta al più presto per evitare la catastrofe. Purtroppo tocca a noi italiani raccogliere i cocci infranti da altri. Tuttavia, non possiamo farlo da soli. Abbiamo bisogno di costruire un solido quadro di alleanze che funzionino tanto sul piano diplomatico quanto su quello militare. È ipotizzabile che Renzi abbia chiesto una mano a Putin a risolvere l’impasse nel quale gli occidentali si sono incartati, attendendo le decisioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Bene, dunque, se Putin abbia assicurato un maggior coinvolgimento di Mosca nella partita aperta con Tripoli.

I due leader si sono confrontati su alcuni dossier aperti nelle relazioni bilaterali. Renzi si è voluto assicurare degli sviluppi della joint venture che vede l’Alenia partenariata con l’omologa russa Sukhoi nella realizzazione del progetto “superjet-100”. Nella discussione deve aver fatto capolino anche il dossier Saipem, la società del gruppo Eni lasciata in braghe di tela da quando è stata interrotta la costruzione del gasdotto “South Stream”. Per rifarsi delle perdite finanziarie subite a causa della chiusura del programma, l’impresa italiana, leader nel campo delle perforazioni petrolifere, potrebbe trovare collocazione all’interno del “Turkish Stream”, sempre che Putin lo permetta. Ma il colloquio deve aver toccato anche la nota dolente del crollo delle nostre esportazioni di prodotti dell’agroalimentare verso il mercato russo. Non si esclude che il nostro Premier, in contropartita all’annullamento delle restrizioni imposte da Mosca a titolo ritorsivo, abbia messo sul piatto il tentativo di convincere gli alleati occidentali all’allentamento delle sanzioni in vigore. Comunque, l’invito di Renzi rivolto a Putin a visitare l’Expo è stata una mossa astuta. Il leader russo ha colto al volo l’assist servitogli accettando prontamente l’invito. È un bene che lui si faccia vedere più spesso dalle nostre parti. In sintesi, bisogna lealmente riconoscere che la giornata moscovita del nostro premier non sia stata un insuccesso.

Sarebbe stato molto positivo se Renzi avesse avuto il coraggio di chiedere a Putin e al suo ministro degli esteri, Sergej Lavrov, di intercedere presso le autorità indiane per la soluzione dell’assurda vicenda dei nostri marò. È noto che l’ascendente del Cremlino su New Delhi sia notevole. Ma Renzi, che pure non difetta di faccia tosta, non se l’è sentita di spingersi oltre nelle richieste all’interlocutore russo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:11