Informazione statalista

Commentando nel corso del suo telegiornale l’interim del premier Matteo Renzi alle infrastrutture, al posto del silurato Maurizio Lupi, Enrico Mentana ha sottolineato la particolare rilevanza di tale ministero, a suo dire il più importante sotto il profilo della crescita economica del Paese. Tutto questo seguito da un servizio realizzato da un suo collaboratore fisso, il quale ha ancor meglio definito il concetto, stabilendo che senza una montagna di colate di cemento pubblico non c’è sviluppo che tenga.

Ovviamente per la nostra piccola riserva indiana liberale, in cui si ritiene senza dogmi che il motore più efficace dello sviluppo medesimo sia costituito dalla tanto bistrattata mano invisibile del mercato, l’approccio statalista che sta sempre più caratterizzando la linea editoriale del telegiornale diretto da Mentana è totalmente da rigettare. Ciò soprattutto in considerazione dei numeri impietosi, i quali fanno dell’Italia - con un livello di intermediazione da parte del sistema politico-burocratico che supera oramai il 55 per cento del reddito nazionale - una nazione sostanzialmente collettivizzata.

D’altro canto, tirando in ballo le economie pianificate, ho il sospetto che i socialistoidi e gli adoratori della redistribuzione keynesiana, che dominano da tempo l’informazione televisiva, tutto sommato conservino nel loro cuore un’antica simpatia per i principi del collettivismo, ritenendo che la causa prima del fallimento dei regimi ad esso ispirati sia da attribuire alla mancanza di una vera democrazia. Come dire in altri termini che le finalità del socialismo leninista erano sacrosante, ma che errate erano le modalità di applicazione. Da qui ne discende il surrogato occidentale di questo fallimentare modello sociale ed economico, ossia le cosiddette socialdemocrazie le quali, a parere di Mentana & company, dovrebbero consentire alla politica di mettere le mani ovunque, altrimenti non sarà mai possibile riprendere a crescere.

Naturalmente, ora che il campione della nostra socialdemocrazia di Pulcinella si è pappato pure il Gosplan all’amatriciana delle Infrastrutture, La7 e le altre reti filo- renziane gongolano, immaginando aumenti vertiginosi del Pil a colpi di poderose opere pubbliche; sebbene non si comprenda dove lo stesso premier andrà a reperire le risorse per far costruire qualche altra inutile cattedrale nel deserto.

Anche perché, vorrei sommessamente ricordare a Mentana e soci, nel mare magnum di una perenne campagna elettorale - tra un paio di mesi si vota di nuovo in 7 regioni e in oltre mille comuni - è difficile che lo statista dei pasti gratis al potere si faccia sfuggire l’occasione per allentare i cordoni della borsa in cambio di nuovi consensi, rinnovando una tradizione tutta italiota secondo la quale i politici di professione preferiscono investire in spesa corrente piuttosto che in opere pubbliche. È notorio, infatti, che queste ultime portino sempre molta stima per i suoi artefici, ma assai pochi voti da contare. Meglio, pertanto, un bonus da 80 euro oggi, piuttosto che mettere mano ad uno dei tanti gangli infrastrutturali che ci vedono da tempo recitare il ruolo di maglia nera d’Europa. Per il resto le chiacchiere e le promesse del “machiavello” di Palazzo Chigi bastano e avanzano.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:17