Quella insostenibile  leggerezza del Cav.

Si dice che, in politica, la forma sia sostanza. È un luogo comune tratto dal pensiero filosofico ma che ha i suoi addentellati nella realtà. Prendete il caso di Forza Italia: oggi non c’è sostanza e neppure forma. Basta osservare il comportamento del Cavaliere per averne conferma.

Lo scorso sabato si è tenuta una convention di iscritti al partito della Lombardia. Berlusconi avrebbe dovuto esserci, invece ha disertato l’incontro motivando l’assenza con un malanno di stagione. Può darsi che sia andata così. Ciò nonostante resta il vulnus di una presenza che si è fatta eterea. Finora, vi era stata la giustificazione della restrizione alla libertà personale imposta dai vincoli giudiziari. Più volte il vecchio leader aveva annunciato che, scoccata l’ora X del fine-pena, sarebbe tornato sulla scena politica più agguerrito che mai. Sono passati giorni e poi settimane ma di Berlusconi si hanno notizie soltanto via cavo telefonico. Un po’ poco per un capo che vuole rientrare in campo da vindice del suo popolo. Non sarà una telefonata ad allungare la vita di un partito in evidente agonia. Nella società dell’immagine la fisicità gioca un ruolo essenziale.

Quante volte abbiamo sentito parlare del corpo mistico del leader? È tutto vero. La guida politica deve essere immanente al suo elettorato. Deve mostrarsi. Anche nelle debolezze, se necessario. Le ricordate le immagini del Berlusconi sfigurato e sanguinante, dopo aver ricevuto in volto la statuetta di ferro lanciatagli da uno squilibrato? La maschera tragica della sofferenza incarnava il dolore di un Paese. Dovette ammutolirsi perfino la canea degli oppositori. Allo stesso modo nel quale l’Italia intera, e non solo la sua parte comunista, restò attonita davanti alla sagoma imbarrellata di Palmiro Togliatti, il giorno dell’attentato. Anche la figura inerte, cadaverica di Aldo Moro, appallottolata nel bagagliaio della Renault rossa, parlò agli italiani. E alla storia.

Berlusconi, non è una persona qualsiasi, un quisque de populo. Solo la sua presenza fisica in campo può conferire forma e senso al progetto politico di Forza Italia. Al contrario di lui, Renzi e Salvini crescono nel gradimento degli italiani. Entrambi hanno compreso che, di là dai programmi, soltanto mostrandosi fisicamente alla testa delle proprie truppe possono essere creduti. Berlusconi non può continuare a fare la parte del “Dio nascosto”, e lontano dall’uomo, che parla attraverso i suoi profeti. Perché lui non è Dio e quelli che gli sono attorno non sono profeti, ma azzeccagarbugli e pasticcioni. Giacché nessuno pensa che il vecchio leone di Arcore si sia smarrito mentalmente, viene il dubbio, legittimo, che dietro il sottrarsi dall’agone della politica vi sia un irrimediabile disincanto. Non gli si potrebbe dare torto per come è stato trattato. Ha costruito una fortuna economica gigantesca e avrebbe tutto il diritto di godersela. Lui sostiene di voler ancora combattere perché l’Italia è il Paese che ama. Posto che quest’Italia per com’è e per come sono fatti gli italiani la si ama meglio tenendosi a debita distanza, è comunque necessario e urgente che si decida a comunicare al popolo di centrodestra le sue reali intenzioni. Se non se la sentisse di proseguire oltre nessuno potrebbe fargliene una colpa. L’importante è saperlo così che una nuova stagione si apra con un popolo di destra in cammino verso nuovi approdi ideali e programmatici.

Non sarà con le telefonate, datato strumento di comunicazione, che si terranno le fila di un partito o di una coalizione. A cosa serve dire “domani sarò con voi per vincere” tacendo del presente? Non sarà buttando la palla in tribuna - le Comunali a Milano nel 2016 - che troveranno soluzione le contraddizioni esplose oggi nel centrodestra in occasione dell’imminente sfida per le elezioni regionali. Se il leader c’è, allora che batta un colpo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:11