La lezione politica di Renato Altissimo

Renato Altissimo non è stato soltanto il segretario del Partito Liberale Italiano dell’epoca del pentapartito, uno dei personaggi di punta della Prima Repubblica costretto ad uscire di scena dall’onda della rivoluzione giudiziaria di Mani Pulite che lo aveva lambito nella vicenda Enimont per finanziamento illecito. E non è stato neppure solo l’industriale di successo passato alla vita politica per passione civile ed assunto ad emblema di quella signorilità e di quella distinzione tipiche del gentiluomo di tradizione liberale amante dei grandi e piccoli piaceri della vita.

Nell’esprimere un giudizio politico di Altissimo bisogna sicuramente ricordare i suoi incarichi ministeriali nei governi del pentapartito e le sue serate al “Tartarughino” insieme a Gianni De Michelis ed ai loro amici più stretti. Ma se si vuole capire appieno il tratto distintivo della sua azione politica non ci si può soffermare esclusivamente sugli aspetti esteriori della sua biografia. Si deve necessariamente ricordare come la fase del pentapartito abbia rappresentato il momento storico della fine dell’egemonia democristiana sui governi della Repubblica e segnato l’avvento del rapporto più equilibrato tra la Dc e le forze laiche e socialiste che fino a quell’epoca avevano svolto il ruolo dei cespugli di contorno dell’albero dello scudocrociato. Altissimo fu uno degli artefici principali di questa innovazione oggi quasi cancellata da una pubblicistica che ricorda solo il compromesso storico e le sue successive variazioni giunte fino al Partito Democratico nella versione renziana. Ma, a dispetto delle ricostruzioni storiche compiute a beneficio dei risparmiati dal colpo di stato mediatico-giudiziario di Mani Pulite, quella stagione di riequilibrio tra Dc e laici e socialisti costituì una delle fasi più felici della storia repubblicana. Al punto da far pensare che proprio perché innovativa e fortemente modernizzatrice sia stata oggetto non solo della liquidazione violenta voluta dalle forze più conservatrici interne ed internazionali, ma anche quella di una sorta di damnatio memoriae di cui è stato vittima Altissimo.

Eppure, mai come adesso appare di incredibile attualità il progetto a suo tempo chiamato “lib-lab” e rivolto al superamento dello stato burocratico-assistenziale costruito in origine dal fascismo e dilatato ogni oltre misura dalla consociazione catto-comunista.

Altissimo, rompendo con una tradizione del Pli che risentiva delle vecchie pregiudiziali ideologiche e culturali antisocialiste, fu uno degli interpreti principali di questa linea politica. Ed è per questo che il migliore modo di ricordarlo non è di indulgere nei ricordi (è stato intrecciato a quello de “L’Opinione” proprio per decisione di Renato), ma nel proclamare con decisione e chiarezza l’incredibile attualità della sua lezione politica. Quella diretta a trasformare l’Italia da Paese a socialismo reale a Paese liberale e riformatore! Per onorare Altissimo, in altri termini, non c’è altro da fare che seguire il suo esempio e la sua idea-guida!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:18