Il metadone di Renzi

Come ampiamente posto in risalto dalla stampa nazionale, l’ex premier Enrico Letta ha espresso un giudizio molto caustico, in pieno stile anglosassone, nei riguardi dell’uomo che lo ha liquidato con l’oramai storico “stai sereno”. Intervistato su Radio 24 da Giovanni Minoli, il quale gli ha chiesto un giudizio sul modo di comunicare dell’attuale Presidente del Consiglio, Letta è andato giù pesante: “Renzi racconta un Paese che non c’è? È una fase in cui la percezione delle cose vale più del reale, aiuta a star meglio? Io cerco di dare un contributo perché non sia un tempo in cui la percezione conta più della realtà”. Dopodiché la stoccata finale: tutto ciò “non aiuta a stare meglio: è metadone!”.

Ora, al netto dell’evidente risentimento personale e politico di un personaggio brutalmente messo da parte in nome di un cambiamento radicale che fino ad ora nessuno ha visto, mi sembra evidente che la dura presa di posizione di Letta, uomo notoriamente molto misurato nelle sue uscite pubbliche, segnali qualcosa di più di una semplice diatriba interna al Partito Democratico. Così come riportano i sondaggi delle ultime settimane, il vento di un rinnovamento fasullo fatto solo di chiacchiere sembra cambiare direzione, con un calo di consensi piuttosto significativo per i rottamatori al potere. Ed è possibile che, al di là delle trite schermaglie interne tra i renziani e le varie anime in pena dell’opposizione di sinistra, i politici più presentabili del Pd, come è senza dubbio l’ancor giovane Letta, stiano assumendo una posizione molto critica sull’operato dell’attuale Governo, in previsione di un eventuale crollo della popolarità dell’uomo che lo guida con tanta spavalderia.

D’altro canto, checché ne dicano i cantastorie che occupano la stanza dei bottoni, gli ultimi dati economici sono tutti negativi, con una produzione industriale registrata in febbraio ancora drammaticamente in calo su base annua. Mentre le tasse, nonostante i fantomatici tagli annunciati da Renzi, continuano a stritolare imprese e famiglie. Tasse feroci e retroattive, secondo un costume oramai acquisito dall’Esecutivo in carica, come nel caso della recente stangata di 500 milioni di euro sulle cosiddette slot machines, totalmente a carico di gestori e concessionari. In soldoni si tratta di una pesantissima imposta sulla produzione, retroattiva al primo gennaio 2014, che estorcerà un prelievo di circa 2.500 euro per ogni apparecchio collocato nei vari locali pubblici, tabaccherie comprese. Tutto questo a prescindere dall’incasso effettivamente realizzato da codeste infernali macchinette per il gioco d’azzardo legalizzato. Un’altra bella dose di metadone fiscale per continuare ad illudere un Paese stremato.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 18:24