Al Teatro Italia va in scena l’Italicum

Possiamo concederci sonni tranquilli visto che abbiamo una legge elettorale nuova di zecca. L’euforia dei parlamentari renziani – Alfano, Quagliariello e Cicchitto inclusi – somiglia a qualcosa di già visto: l’infantile entusiasmo per il presepe manifestato dagli abitatori dei fondaci e dei “bassi”, nella Napoli dello scorso secolo. Vi era una genia di disperati che non aveva nulla se non una fame atavica. A stento un pancaccio a forma di letto e giacigli per la numerosa prole, poche inguardabili suppellettili che facevano da sfondo drammaturgico “eduardiano” all’insopportabile fetore mai scacciato da quella immonda miseria. Eppure, al centro di un inferno dantesco, per un mese all’anno, troneggiava il presepe. Di tutto si poteva fare a meno, ma non dell’epifania del sacro. Questione non di fede ma di onorabilità. Pure per i pezzenti.

L’Italicum è come il presepe. Come quello di “Natale in casa Cupiello”. Abbiamo un’Italia alla canna del gas dove nulla indica l’uscita effettiva dalla crisi. Al contrario i dati, se possibile, sono ancora più negativi del previsto con una disoccupazione reale alle stelle e un indice del Pil sotto le previsioni di crescita. Abbiamo un sistema produttivo delle micro e piccole imprese letteralmente messo in ginocchio dalla impossibilità di accedere al credito. C’è un Paese allo sbando dal punto di vista della sicurezza e con un gigantesco problema legato ai flussi d’immigrazione incontrollata. In compenso abbiamo il presepe-Italicum. Cosa se ne faranno gli italiani? Certo non ci faranno la spesa. Matteo Renzi e i suoi, invece, lo metteranno a frutto prima di quanto si pensi. L’abito elettorale che il premier ha cucito su di sé porterà questo Paese alle urne non più tardi della primavera del prossimo anno.

Vi è, nell’entourage di Palazzo Chigi, la convinzione che esista una deadline oltre la quale il governo rischia un’ineludibile resa dei conti con la verità. Allora questo monocolore renziano, che ha strappato lo scettro del potere dalle mani di una sinistra inadeguata a leggere i mutamenti profondi della società italiana, dovrà rispondere delle false promesse, di quelle fatte e non mantenute e degli innumerevoli specchietti per le allodole con i quali ha lastricato il sentiero della sua “narrazione”. E gli italiani non saranno teneri nel giudicare. Renzi ne è consapevole. Quindi, per stabilizzare la leadership nel lungo periodo, giocherà d’anticipo tentando di assicurarsi la vittoria in un momento che gli resta ancora favorevole grazie ad alcune azzeccatissime mosse messe a segno lo scorso anno. Come la storia degli 80 euro, dati e ripresi.

In questo scenario, fa certamente aggio lo stato confusionale nel quale versano tutte le altre forze politiche in campo. Renzi stima che, votando nel breve termine, avrebbe in tasca il biglietto per traghettare a modo suo il Paese nel terzo decennio del secolo. Ciò gli consentirebbe anche di partecipare, benché da semplice attore locale, alla gestione politica dei cambiamenti che si annunciano nel continente europeo. Si tratta, comunque, di una sfida ambiziosa che è nelle corde del personaggio. Peccato che ciò che sta bene a lui non stia bene alla maggioranza degli italiani. A cominciare proprio dal presepe-Italicum. In questo, per dirla con lo slang che va per la maggiore: “Siamo tutti Tommasino”. Lo ricordate il ragazzo tignoso della commedia di Eduardo? Alla domanda “te piace o’ presepio?”, rispondeva puntuto: no!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15