Renzi, un dilettante comunque autoritario

Un partito unico definito della nazione a cui affiancare un sindacato altrettanto unico. Chi vede in Matteo Renzi una pericolosa tendenza ad emulare Benito Mussolini, teme ora che il Premier decida di chiudere il cerchio proponendo di sostituire Corte Costituzionale, Senato ed altri ammennicoli istituzionali con un ristretto e più funzionale Gran Consiglio. Il tutto per dar vita ad un suo regime autoritario considerato come l’unico strumento possibile per fronteggiare in maniera efficace la crisi economica.

Chi sostiene questa tesi compie un clamoroso errore. Attribuisce a Renzi un disegno articolato e preciso nei minimi dettagli, frutto di quella considerazione secondo cui le crisi economiche si combattono meglio con sistemi autoritari piuttosto che con quelli democratici, che nasce da uno studio attento ed approfondito delle vicende storiche. Ma il vero dramma è che il disegno non è né articolato né preciso, che non esiste nessuna convinzione di fondo sulla preferibilità di sistemi autoritari durante i periodi di crisi e che non c’è alcun tipo di studio delle vicende storiche antiche o solo più recenti.

La scoperta più inquietante e sconvolgente, infatti, è proprio questa. Sotto le parole che il Premier spara a raffica ogni minuto per tenere sempre il centro della scena mediatica, non c’è nulla. Non una convinzione, non un valore, non un’idea, non un progetto, non una strategia, non una prospettiva che non sia quella di continuare a polarizzare l’attenzione nazionale.

Chi attribuisce a Renzi un disegno autoritario e trova che la sua ultima uscita sul sindacato unico sia l’ennesima conferma della propria preoccupazione, sbaglia clamorosamente. Lo fa in piena ed assoluta buona fede. Perché appare del tutto impensabile che non ci sia almeno un abbozzo di progetto dietro l’irresistibile ascesa del Presidente del Consiglio. Ma l’errore è pieno e totale. Renzi non è un dittatore in erba, ma un ambizioso dilettante teso solo ad aumentare il proprio potere personale.

Questa considerazione viene spesso usata per avanzare pronostici oscuri sulle possibilità del Paese, guidato dal dilettante allo sbaraglio, di uscire dalla crisi e di evitare il disastro. Ma se si vuole in qualche modo impedire di bloccare questa caduta è necessario incominciare ad affrontare una seconda e non meno importante questione. Quella secondo cui se il dilettante Renzi ha conquistato la guida del Paese la responsabilità è di quanti, pur considerandosi esperti professionisti, si sono lasciati “asfaltare” dall’ultimo arrivato ricco solo di faccia tosta.

L’ascesa di Renzi, in sostanza, è la conseguenza della crisi di tutti i vecchi gruppi dirigenti. Non solo quelli della sinistra che hanno visto scavalcare la loro arroganza pensosa da una arroganza vuota di pensiero ma anche quelli delle altre aree politiche che pensavano di poter continuare a vivere di rendita all’infinito sulle spalle del loro leader Silvio Berlusconi.

Il futuro è cupo, allora, è cupo sia perché Renzi è un dilettante ma anche perché una classe dirigente in grado di sostituirlo ancora si deve formare!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:16