Le coperture fantasma del partito della spesa

Vorrei allargare la mia lunga riflessione sul vasto e trasversale partito della spesa pubblica, riportando integralmente una cortese e-mail ricevuta dal presidente del Codacons che, evidentemente, non ha completamente apprezzato un mio precedente articolo in cui mi sono permesso di riportare un suo pensiero in merito alla nostra disastrosa condizione del sistema previdenziale pubblico.

“Gentile Romiti, grazie per l’ottimo articolo che mi riguarda. Peccato abbia omesso di scrivere che, durante la trasmissione in questione, avevo anche chiesto di reperire i fondi per restituire i soldi delle pensioni tagliando il programma sugli F-35 o cancellando i 500 enti inutili attualmente esistenti in Italia. Magari, che so, ha qualche parente stretto che occupa una poltrona in uno di questi enti e ha ritenuto fosse più conveniente tacere… Con i migliori saluti. Carlo Rienzi, presidente Codacons”.

Ora, in primis vorrei rassicurare il mio gentile interlocutore in merito al suo rilievo finale: non ho alcun parente, né stretto né lontano, che occupa una delle tante e profumate poltrone nei cosiddetti enti inutili, sebbene ci sarebbe parecchio da discutere sul concetto di utilità all’interno di un colossale sistema pubblico che spende e intermedia il 55 per cento del reddito nazionale. Ma il tema che vorrei sollevare, proprio in merito alla missiva dell’illustre avvocato Rienzi, è un altro, ossia quello delle coperture finanziarie che molti politici tirano in ballo, a mio avviso irresponsabilmente, per sostenere le proprie campagne elettoralistiche basate sul solito assalto alla diligenza dei conti pubblici.

Ed è proprio citando, tra le altre cose, il taglio ai fantomatici F-35, i quali oramai sul piano dei risparmi sono utilizzati come i famosi aerei di Mussolini, che il grillino Luigi Di Maio ci spiega a giorni alterni sui talk-show più seguiti la fattibilità del reddito di cittadinanza targato Movimento Cinque Stelle. Ovviamente il giovanotto di belle speranze, al pari della maggior parte dei nostri politici di professione, sembra non aver compreso appieno, nella foga di allargare il proprio consenso, che un Paese affetto da un eccesso di redistribuzione come il nostro (poi si può anche discutere sull’equità di tale redistribuzione) non può pensare di dilatare ulteriormente la spesa corrente, ovvero stipendi, vitalizi e vari sostegni al reddito, semplicemente risparmiando su una spesa militare di 19 miliardi di euro, di cui ben diciassette assorbiti dai trattamenti economici di chi ci lavora. E neppure, sempre riferendoci alle proposte dei grillini, andando a prelevare altri miliardi nel settore del tutto improduttivo del gioco d’azzardo legalizzato.

In realtà, anche se ciò risulta ben poco attrattivo sul piano dei consensi, la strada per rimettere in carreggiata un Paese che non cresce e che, pertanto, stenta sempre più a restare in equilibrio sul piano finanziario, passa obbligatoriamente per una drastica riduzione della medesima spesa pubblica corrente. Spesa pubblica corrente che rappresenta, sotto forma di una fiscalità folle, un costo insostenibile per la struttura produttiva italiana, cioè la componente chiamata a generare la vera ricchezza delle nazione: il valore aggiunto di mercato. Questo non significa affatto che in prospettiva non ci si possa dedicare con maggior attenzione alla tutela delle fasce sociali concretamente bisognose. Tuttavia ciò va fatto, semmai, ridimensionando un perimetro pubblico che, tornando al tema delle pensioni, tra previdenza e assistenza spende la cifra colossale di quasi 350 miliardi di euro all’anno. Con un tale livello di esposizione, neppure tagliando l’intera flotta aerea degli Usa sarebbe possibile istituire il citato reddito di cittadinanza. Altro che coperture ballerine!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:17