Il populismo all’amatriciana

Al di là di chi abbia vinto o perso nelle amministrative del 31 maggio, sul piano politico generale si assiste ad una preoccupante avanzata su tutti i fronti del cosiddetto populismo. Ciò, unito alla fortissima e crescente astensione, avvicina l’Italia agli altri Paesi dell’Europa del Sud, in cui sta proprio prevalendo una spinta ben poco razionale quale risposta alla crisi economica e finanziaria ancora in atto. Soprattutto le due forze che hanno ottenuto un indubbio successo elettorale, la Lega Nord di Matteo Salvini e il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, interpretano un coacervo di opzioni e di parole d’ordine tali da renderli molto vicini alle posizioni di Syriza e Podemos. Posizioni, dunque, distanti anni luce dal rigorismo, in verità piuttosto blando, dei Paesi del Nord Europa, malgrado la Lega in particolare abbia rimarcato per decenni una certa affinità economica e culturale dei suoi territori con quella stessa Europa del Nord.

Sta di fatto che molte cose accomunano leghisti e grillini, a cominciare dal ritorno - a mio avviso più che catastrofico - ad una moneta nazionale, per finire con tutta una serie di richieste di spesa, come ad esempio la difesa ad oltranza di un sistema previdenziale sostanzialmente fallito, che se applicate porterebbero rapidamente l’Italia alla bancarotta.

Ma sull’onda dei successi del suo “grillismo-lepenista” è assai improbabile che Salvini, la cui opa nei confronti del centrodestra si fa a questo punto piuttosto minacciosa, possa in qualche modo correggere una rotta che lo sta rendendo egemone tra i cocci rotti di uno schieramento politico che ha governato fino al 2011. Anzi, incoraggiato dal successo, è prevedibile che il leader del Carroccio imprima un’ulteriore accelerazione al suo piano di conquista, rilanciando una linea politica che potremmo generosamente definire irrealistica. Una linea che propone meno tasse per tutti e più spesa pubblica, quasi allo stesso modo dei suoi colleghi del populismo all’amatriciana del M5S.

A questo punto ciò che resta di civile e di liberale nel centrodestra ha due possibilità. O si riorganizza sul piano di una nuova leadership che punti al senso di responsabilità del Paese, contro ogni forma di avventurismo, o si allinea al grillismo-lepenista di Salvini. In questo caso, facendo prevalere nel cosiddetto fronte moderato il surreale estremismo leghista, aumenterebbe ulteriormente l’astensionismo, a tutto vantaggio del mago dei pasti gratis che attualmente occupa Palazzo Chigi. Un Renzi che, di fronte a chi propone ricette inverosimili, avrebbe sempre buon gioco nel presentarsi come unica, credibile opzione di Governo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:14