Caso Grecia: vogliamo provare a ragionare?

giovedì 2 luglio 2015


All’ombra del Partenone si sta giocando la partita del debito ellenico e, insieme, un pezzo del nostro futuro di europei. Alexis Tsipras ha fatto esplodere la contraddizione sulla quale si è retta l’Unione almeno dai tempi degli accordi di Maastricht. Quella che avrebbe dovuto essere, nei progetti dei fondatori, un’unione politica di Stati paritari si è trasformata in una caserma dove la fanno da padroni normative asfissianti, velleitarismi egemonici e burocrazie compulsive. Il tutto condito dall’introduzione forzata di un paradigma etico di matrice calvinista per il quale il debito, privato o pubblico che sia, incarna la forma abominevole del demonio. Un’Europa tarata su questa filosofia non è destinata ad andare lontano. In realtà ciò che le ridarebbe smalto è il ritorno della buona politica.

Non si tratta di buttarla in caciara, come dicono a Roma. E neppure di avviare fumosi e interminabili negoziati che non approdano a nulla. Si tratta più semplicemente di restituire cittadinanza al buon senso. Nessuno pretende che le classi dirigenti, in particolare quelle dei Paesi della zona Sud dell’Unione, facciano spesa pubblica allegra infischiandosene di quella stabilità finanziaria che garantisce solidità alla moneta unica. Tuttavia, una prudente gestione del denaro pubblico, banditi gli sprechi e il malaffare, deve pur fare i conti con il benessere delle proprie comunità. Il diritto alla sicurezza del cittadino, intesa in senso lato, è la pietra angolare sulla quale poggia il patto sociale. È ciò che ha consentito al genere umano di uscire dallo stato di natura dell’“homo homini lupus” per entrare nella civiltà. Non si può essere tanto miopi da considerare il rispetto di una formula algebrica più importante della salvezza morale e materiale di una popolazione. Ma i rigoristi, della prima e dell’ultima ora, sostengono che non ci si può consentire alcun diritto con i soldi altrui. Se è così allora che senso ha stare insieme? Se ognuno deve pensare a se stesso e non vi è solidarietà l’Unione non esiste: è un clamoroso falso storico.

I greci oggi sono in evidente difficoltà. Hanno seguito negli ultimi anni le ricette economiche imposte da Bruxelles. Queste si sono dimostrate fallimentari. Piuttosto che perseverare in scelte autolesioniste non sarebbe meglio cambiare strada? Non sarebbe più logico cominciare a considerare la Grecia per ciò che complessivamente vale invece che attenersi a ciò che di quel Paese pensano le agenzie di rating? Ci sono ragioni di geopolitica che rendono dei territori più strategici di altri a prescindere dalla consistenza del loro debito pubblico. Per un certo periodo andava di moda una parola di cui oggi si sono perse le tracce: sostenibilità. Sarebbe salutare per tutti se, con spirito meno egoistico, la si riportasse in auge perché è una gran bella parola. Sostenibilità dei conti pubblici ma anche del welfare, della sanità, dell’educazione e della formazione delle giovani generazioni, in generale della dignità delle persone. È così tanto scandaloso pensare che un popolo abbia diritto a vivere la propria esistenza in condizioni socialmente accettabili, anche se ciò dovesse comportare una deviazione dalla linea retta del rigore finanziario?

Ci si lamenta che nonostante una favorevole congiuntura internazionale il sistema produttivo europeo non cresca come dovrebbe. E come potrebbe farlo con tanta diffusa esasperazione? Per dirla alla maniera di due professionisti del malaffare: la mucca dell’economia deve mangiare per poter essere munta. Di latte greco di questo passo non se ne vedrà più in giro. Dovremo accontentarci di quello in polvere dei tedeschi che oggi pretendono di farci per legge lo yogurt e anche le nostre amate mozzarelle. Se ci fosse Asterix sentenzierebbe: “Sono Pazzi Questi Europei”.


di Cristofaro Sola